Si sono avvalsi della facolta' di non rispondere nell'interrogatorio di garanzia, gli imprenditori finiti in carcere nell'ambito dell'operazione "Dirty Job" dello Scico di Roma e del Gico dell'Aquila della Guardia di Finanza, su presunte infiltrazioni della criminalita' organizzata, in particolare del clan dei Casalesi, negli appalti della ricostruzione privata. Si tratta dei tre componenti della famiglia Di Tella (Alfonso, Domenico e Cipriano) e Michele Bianchini di Avezzano. "La copia degli atti verra' consegnata a noi difensori nella prossima settimana inoltrata. L'ordinanza l'ho letta - ha detto l'avvocato aquilano, Massimo Carosi, legale di fiducia dei Di Tella, secondo l'accusa famiglia legata al clan di Michele Zagaria - io non ho nessuna idea nel senso che i reati contestati sono di una gravita' assolutamente consistente e inaudita rispetto alla piazza in cui io normalmente opero ma il fatto che vi siano cosi' gravi contestazioni ovviamente e' tutto da verificare. Se vogliamo ragionare all'impronta - ha aggiunto - come voi avrete sicuramente letto nell'ordinanza di custodia cautelare non ci sono riscontri effettivi di collegamenti organici con associazioni criminali, organici intendo che faccio parte di questa organizzazione, ovvero la favorisco come concorrente esterno il che e' gia' parecchio. Esiste un collegamento ipotizzato, ai sensi di un articolo sulle associazioni criminali che consisterebbe nell'aver agevolato. In che cosa consista questa agevolazione pero' dalla lettura anche approfondita dell' ordinanza di cusotdia cautelare non e' dato capire"
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