Pericolo per l'ambiente e la salute pubblica a causa dell'inerzia della Solvay di fronte alle richieste pressanti del ministero dell'Ambiente, a partire dal 2008, per effettuare la messa in sicurezza e la bonifica "delle aree di sua proprieta'" gia' contaminate da rifiuti nella precedente gestione: sono le motivazioni del nuovo sequestro, a quasi sette anni dal primo, di tre discariche di rifiuti pericolosi nel polo chimico di Bussi sul Tirino disposto dal Gip di Pescara, Maria Michela Di Fine. Sono otto gli indagati, manager delle societa' Solvay Chimica Bussi Spa e Solvay Specialty Polimers Italy Spa, accusati della mancata messa in sicurezza, disastro ambientale continuato e inquinamento delle acque. L'operazione di sequestro, compiuta dal Roan della Guardia di Finanza e Corpo forestale dello Stato di Pescara e Tocco da Casauria ha riguardato circa 55 mila metri quadrati, gia' sottoposti a sequestro nel 2007 dal Cfs insieme ad un'altra area di circa 40 mila metri quadrati. Le due piu' grosse discariche sequestrate oggi sono denominate 2A e 2B e sono tra il centro urbano di Bussi e il sito industriale, a monte del vecchio impianto industriale della Montedison. L'area contaminata nel corso degli anni - oggetto di un separato procedimento penale in discussione presso la Corte D'Assise di Chieti per le ipotesi di disastro ambientale e avvelenamento delle acque destinate ad uso potabile - ammonta a circa due milioni di metri cubi e per bonificarla occorrerebbero almeno 600 milioni di euro. Secondo la magistratura le condotte "omissive", "l' inadeguatezza delle politiche aziendali di messa in sicurezza" e il "perdurare dell'inerzia della Solvay" rispetto alla messa in sicurezza e bonifica "delle aree di sua proprieta'" hanno provocato un "ulteriore apporto di inquinamento e di contaminazione oltre la soglia di rischio consentita su un'area gia' irrimediabilmente compromessa". Dal canto suo Solvay sostiene di avere "iniziato" in accordo con le autorita', "un progetto di messa in sicurezza permanente che e' stato richiesto dal ministero dell'Ambiente". Le misure intraprese, in particolare le barriere idrauliche a valle delle discariche, pur essendo sufficienti, non sono risultate finora efficaci a risolvere il problema dell' inquinamento delle acque, visto che i dati relativi alle sostanze nocive parlano di raggiungono valori anche di 200 volte i limiti di legge. Il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua intanto torna a sollecitare la bonifica del sito "senza se e senza ma", visto che finora e' stata avviata solo la messa in sicurezza dell'area piu' grande della megadiscarica, quella di 40 mila metri quadrati: "E' necessario usare i 50 milioni di euro disponibili per avviare la bonifica, recuperando poi le somme dai proprietari inadempienti secondo quanto prevede il principio 'chi inquina paga'".
"Completa estraneita' ai fatti imputati". Cosi' la Solvay commenta la notizia del sequestro preventivo delle discariche - a nord del sito industriale di Bussi - e agli avvisi di garanzia per omessa bonifica, che vede coinvolti alcuni propri manager. "Come attuale proprietaria del sito, Solvay - si legge in una nota - ha iniziato e sta implementando, in accordo con le autorita', un progetto di Messa in Sicurezza Permanente che e' stato richiesto dal ministero dell'Ambiente. Alcune azioni sono gia' state intraprese, ad altre sono in fase di attuazione, con un progressivo miglioramento dell'impatto ambientale. Solvay non e' minimamente responsabile dell'inquinamento pregresso, e da quando e' partita l'emergenza ambientale nel 2007 nell'area di Bussi sul Tirino, ha da subito collaborato con gli Enti e le forze di investigazione. Solvay - puntualizza la nota - e' stata riconosciuta parte civile e non e' imputata nel processo ambientale in corso presso la Corte di Assise di Chieti, che cita invece in giudizio (Mont) Edison come unico responsabile. I legali delle societa' hanno fatto richiesta per avere accesso agli atti di indagine con la piena convinzione di poter provare, il prima possibile, che l'azienda ha fatto in questi anni tutto quel che era doveroso", conclude la nota
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