Tre attivisti del cosiddetto 'popolo delle carriole' dell'Aquila - coordinamento di cittadini nato poco dopo il terremoto - saranno processati il primo luglio 2013 con l'ipotesi di reato di manifestazione non autorizzata. Si tratta di Mauro Zaffiri, Antonio Di Giandomenico e Mattia Lolli, figlio del deputato del Partito democratico Giovanni.
Il 28 marzo 2010, giorno delle elezioni per il rinnovo del Consiglio provinciale, ai tre vennero sequestrate dalla polizia carriole, pale e secchi e da li' nacquero due filoni di indagine: l'uno amministrativo, per violazione del silenzio elettorale, che si e' risolto con una multa, provvedimento impugnato dai tre, e l'altro penale finito con la citazione in giudizio.
In merito a quest'ultimo l'accusa che il pm Simonetta Ciccarelli contesta e' di 'aver promosso una riunione senza averne dato preavviso al questore', un reato contemplato da un regio decreto del 1931 che prevede l'arresto fino a sei mesi e una sanzione da 103 a 413 euro.
Nei mesi successivi al terremoto un gruppo nutrito di aquilani diede vita a un movimento di protesta per lamentare il mancato avvio della ricostruzione e la presenza nel centro storico del capoluogo delle macerie derivanti dai crolli. Con queste motivazioni, in piu' occasioni, molti attivisti entrarono nella zona rossa portando con loro carriole e altri attrezzi per sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi della citta'.
Oggi, in una nota, il comitato 3e32 respinge con decisione le accuse denunciando il fatto che 'tra le infiltrazioni delle cricche negli appalti per la ricostruzione, i cantieri dove molto spesso la sicurezza sul lavoro e' un optional, lo spreco e l'assoluta mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi, la giustizia italiana non ha di meglio da fare che portare avanti processi contro le 'carriole'. Le carriole furono dissequestrate, in seguito a un'istanza al Riesame presentata dall'avvocato dei tre indagati, perche' non costituivano prova del reato.
foto Ansa
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