'Bisogna mettere il sistema al passo con i tempi, il nostro era buono negli anni Quaranta, ma rispondeva alle prerogative di allora. Al tempo di internet non possiamo permetterci il nostro bicameralismo perfetto con sette passaggi per una singola legge'. E' quanto afferma il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello a Tgcom24, intervistato da Alessandro Banfi.
'La democrazia diretta - aggiunge a proposito del Movimento 5 Stelle - e' un correttivo della democrazia rappresentativa. La spinta c'e' stata nell'ultimo periodo. Non credo che questa tendenza riguardi solo Grillo, la spinta della democrazia immediata ha influenzato ad esempio alcuni parlamentari di sinistra durante l'elezione del Presidente della Repubblica. La centralita' del Parlamento deve rimanere punto di riferimento. Cedere completamente potrebbe portare per assurdo all'assolutismo della pubblica opinione'.
Per quanto riguarda la Convenzione e il lavoro congiunto che dovrebbero svolgere le Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato osserva: 'All'inizio si era pensato a una formula mista di eletti ed esterni. Poi e' stata posta un'obiezione venuta da Rodota' e Capotosti sul problema della legittimazione'. 'La riforma quindi - osserva - si fara' in due fasi: ci sara' una commissione governativa di esperti che dovranno formulare una proposta al governo che la tradurra' e la introdurra' nella convenzione. Abbiamo assunto un percorso molto piu' parlamentare', assicura.
'All'audizione di inizio legislatura faro' un'esposizione programmatica sulle proposte e le illustrero' cercando di assumere degli impegni sui tempi, facendo una sorta di cronoprogramma', dice ancora Gaetano Quagliariello.
Sul rinvio del 'Porcellum' da parte della Corte di Cassazione alla Corte Costituzionale, ha spiegato: 'E' una questione molto complessa. Dal punto di vista costituzionale non so cosa potra' fare la Corte, ha ricevuto una bella gatta da pelare, perche' non si puo' lasciare un vuoto nelle leggi elettorali. Dal punto di vista politico questa sentenza accelera il processo di riforma di questa legge, ma potrebbe anche allungare la vita al governo perche' non si potrebbe andare a votare con una legge in odore di incostituzionalità'.
'Questa legge ha un'anomalia ed e' evidente e non c'e' bisogno che lo dica la Corte. L'anomalia e' nel premio di maggioranza che e' stato pensato quando le coalizioni erano intorno al 45%. Oggi le coalizioni sono andate sotto il 30%, in particolare con il centrosinistra che con un 0,3% in piu' del centrodestra ha raddoppiato i suoi seggi alla Camera', prosegue. 'Scherzosamente - racconta il ministro - ho detto che e' una legge Mike Bongiorno, da 'lascia o raddoppia'. La politica deve intervenire, ma senza che sia la magistratura a dettare la linea'.
Sempre sulla questione della legge elettorale, parlando del nodo delle preferenze, ha aggiunto: 'Su questo tema si e' fatta molta demagogia. Nelle democrazie i partiti hanno il compito di selezione delle classi politiche e lo hanno sempre avuto. Il fatto che i partiti perdono questo compito, li indebolisce eccessivamente. Le leggi elettorali con i collegi uninominali, comunque prevedono un ruolo molto forte dei partiti perche' sono loro a sceglier dei candidati'.
'E' chiaro - sottolinea - che dobbiamo arrivare a una maggiore possibilita' di scelta degli elettori, ma dobbiamo sottrarci alla formula demagogica del partito dei nominati. I Parlamenti in parte subiscono l'influenza dei partiti, l'importante e' che questa sia controllata e trasparente. Una buona legge elettorale va collegata alla forma di governo'. 'Le leggi elettorali seguono e non precedono la riforma del sistema - ribadisce il ministro - quando si e' voluto cambiare il sistema con le leggi elettorali si sono fatte cose non buone.
Serve una politica dei due tempi, ovvero subito costituzionalizzare l'attuale legge per evitare il conflitto con la Corte e poi accelerare per la riforma del sistema di governo e della nuova legge elettorale'.
Sul significato della cosiddetta clausola di salvaguardia, il ministro ha risposto: 'Significa che i partiti, di fronte al giudizio pendente della Corte Costituzionale, operano quei piccoli cambiamenti per costituzionalizzare la legge, creando una condizione in cui non c'e' vantaggio per nessuno e che la partita se la vogliono giocare sulla riforma del sistema e non sulla legge elettorale'.
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