I due pescatori italiani rinchiusi in carcere in Gambia "sono senza cibo da lunedi'. Non abbiamo modo di parlarci, non sappiamo neanche se siano ancora vivi e temiamo per cio' che potrebbe accadere andando avanti cosi'". Lo dicono dalla Italfish, societa' armatrice della barca su cui lavoravano.
L'ufficio della Italfish srl che si sta occupando di gestire la crisi riferisce di aver saputo da fonti locali che i due italiani - il capitano della nave Idra Q., Sandro De Simone di Silvi, e il direttore di macchina Massimo Liberati di San Benedetto del Tronto - sono senza cibo fin dal giorno dell'arresto. L'unico che e' riuscito a incontrarli, giovedi', e' stato il console onorario in Gambia, secondo cui i marinai "non sono in buone condizioni ne' fisiche ne' mentali". L'imbarcazione era finita sotto sequestro per la presunta violazione delle dimensioni delle maglie di una rete. Dopo una decina di giorni in stato di fermo, lunedi' i due italiani sono stati arrestati, a conclusione di quella che la societa' armatrice definisce "udienza sommaria"
"Ogni giorno in piu' in quel carcere e' un giorno di vita in meno. Mio marito rischia di morire, quel posto e' come un lager: sono senza servizi igienici e senza cibo, neanche l'assassino piu' feroce viene trattato cosi'. Sto male solo all'idea che lui stia subendo queste cose da tanti giorni. Chiediamo l'aiuto di Renzi e del ministro degli Esteri, affinche' intervengano". Cosi' Gianna, moglie di Sandro De Simone, uno dei due pescatori italiani arrestati lunedi' in Gambia.
"Non sto vivendo piu', io e i nostri figli non sappiamo piu' cosa fare. Siamo qui ad attendere - dice in lacrime la donna - Mio marito non ha ucciso nessuno. Non e' possibile pensare che nel 2015 le persone vengano trattate in questo modo. In quel carcere non hanno la minima idea di cosa siano i diritti umani. Li' dentro, in quelle condizioni, lui rischia la vita. Se muore nessuno me lo ridara'. Vorrei che non passasse neanche un giorno di piu' in quel posto. Lanciamo un appello a chiunque possa fare qualcosa, affinche' intervenga". La donna, dalla sua abitazione di Silvi, ripercorre anche i suoi ultimi contatti con il marito. "Domenica l'ho sentito per telefono, quando era ancora in stato di fermo, e mi aveva detto che il giorno dopo si sarebbe risolto tutto, che avrebbero pagato una multa e la vicenda si sarebbe chiusa. Era tranquillo. Lunedi', verso le 14, mi ha mandato un sms in cui c'era scritto 'non si e' risolto nulla, ti chiamo appena posso'. Ho provato a contattarlo, ma non ho avuto risposta, fino a quando l'armatore mi ha detto che erano stati arrestati. Da quel momento non l'ho piu' sentito"
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