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Pubblicato il 25/07/2014 08:08

Villa Pini, sei rinvii a giudizio per la riabilitazione psichiatrica

angelini, villa pini

Il gup del Tribunale di Chieti Antonella Redaelli ha disposto oggi il rinvio a giudizio di sei persone nell'ambito dell'inchiesta sulle strutture di riabilitazione psichiatrica che nel 2009 facevano capo alla societa' Villa Pini, inchiesta che parti' dal sopralluogo della commissione sulla sanita' del Senato guidata da Ignazio Marino. Con accuse che vanno dall'abbandono di persona incapace alla truffa il prossimo 7 ottobre si terra' la prima udienza del processo che vede imputati l'ex proprietario di Villa Pini Vincenzo Angelini, la figlia Chiara e la moglie Anna Maria Sollecito unitamente ad altre tre persone ovvero Claudio Cignarale, Vincenzo Recchione e Giovanni Pardi. L'inchiesta porto' alla luce malati psichiatrici abbandonati in una situazione di grave degrado delle strutture, in ambienti piccoli e scarsamente illuminati ed aerati, in cui erano presenti, cani, gatti randagi, topi e relativi escrementi. All'epoca la gestione delle strutture psichiatriche di Villa Pini avrebbe prodotto una truffa per oltre 24 milioni di euro alla Regione: la truffa si sarebbe realizzata, secondo l'accusa, ricoverando negli anni pazienti in realta' non bisognosi o non suscettibili di riabilitazione psichiatrica ma piu' correttamente trattabili in strutture semi protette. La Asl Lanciano Vasto Chieti si e' costituita parte civile. Pardi, all'epoca coordinatore operativo delle strutture psicoriabilitative di Villa Pini, e' accusato di concorso in abbandono e truffa. Recchione, accusato di concorso in abbandono, quale responsabile del dipartimento di assistenza sanitaria ospedaliera dell'Asl, avrebbe omesso di segnalare le carenze della struttura residenziale psichiatrica riabilitativa ex Farese. Cignarale, accusato di concorso in truffa, medico psichiatra convenzionato con l'Asl di Chieti, e delegato all'attivita' di vigilanza e controllo delle strutture psichiatriche di Villa Pini, avrebbe omesso di segnalarne le carenze sostenendo artatamente che rispondevano ai requisiti di legge e che le prestazioni erogate erano congrue e appropriate. 

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