Fa bene alla salute, e' varia, colorata, di qualita'. Eppure con la crisi gli italiani hanno deciso di "tagliare" proprio l'ortofrutta. Nell'ultimo anno una famiglia su tre ha alleggerito il carrello alimentare e, di questi, il 41,4 per cento ha ammesso di aver ridotto gli acquisti di frutta e verdura. Colpa dei prezzi al consumo troppo variabili, dell'educazione a una sana alimentazione non ancora radicata, della minore capacita' di spesa che induce a considerare la frutta un "lusso" e a comprare cibi dal basso costo ma dall'elevato contenuto calorico. E' quanto emerge da un'analisi di Confagricoltura, Cia-Confederazione italiana agricoltori, Fedagri-Confcooperative, Legacoop agroalimentare e Agci-Agrital, presentata in occasione di Macfrut 2012 a Cesena Fiere
Cosi', nel 2011, ogni famiglia ha acquistato 5 chili in meno di frutta, 3 chili in meno di verdura e 1 chilo in meno di ortaggi surgelati, portando a un calo complessivo dei quantitativi del 2,6 per cento tendenziale, per un totale di 8,3 milioni di tonnellate - spiegano le organizzazioni. In realta', pero', la crisi dei consumi di ortofrutta parte da piu' lontano: in undici anni, infatti, gli acquisti sono diminuiti del 23 per cento, passando dai 450 chili a famiglia del 2000 ai 347 chili del 2011. Vuol dire che in poco piu' di un decennio si sono persi per strada oltre 100 chili per nucleo familiare, con conseguenze dirette sulla dieta degli italiani e soprattutto sui redditi dei produttori. Oggi infatti la spesa annua per l'ortofrutta si attesta mediamente sopra i 13 miliardi e i prezzi al consumo, anche con i consumi in discesa, aumentano invece di diminuire (rispettivamente +5,8% la frutta e +4,8% i vegetali freschi in termini tendenziali ad agosto, ultimo dato disponibile), con il risultato che gli agricoltori non ne traggono alcun vantaggio
E' evidente che oggi il settore ha bisogno di un vero piano di ristrutturazione che si fondi su una visione strategica. L'ortofrutticoltura - ricordano le cinque organizzazioni - rappresenta circa un terzo dell'intera Plv agricola del Paese e, con una produzione di circa 35 milioni di tonnellate l'anno, l'Italia si contende con la Spagna l'appellativo di "orto d'Europa". Eppure, nonostante il rilievo quali-quantitativo a livello internazionale, il comparto mostra i segni di una strutturale perdita di competitivita', che si evidenzia nell'incapacita' di intercettare la domanda proveniente dai nuovi bacini di consumo. Oggi l'export di frutta e verdura, compresa l'ortofrutta trasformata, vale 6,7 miliardi di euro l'anno, ma considerato che entro i confini nazionali si consuma meno del 25 per cento di quel che si produce, e' evidente che bisogna orientarsi verso un forte incremento della capacita' di esportazione. Tanto piu' che la domanda mondiale, sostenuta proprio dai paesi Bric, e' passata da 70 a 170 miliardi di dollari in pochi anni. Per farlo, pero', occorre agire sulla frammentazione di tutte le componenti della filiera, sulla forte polverizzazione dei soggetti e sulla mancanza di innovazione.
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