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Pubblicato il 19/10/2013 22:10

L'appetito delle mafie sul settore dell'agricoltura

agricoltura, geo economy

Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia sono le regioni che hanno registrato una prevalenza di fenomeni fraudolenti riguardanti l'indebita percezione o richiesta di contributi europei

L'Italia è il paese della buona tavola, del cibo di qualità, di prodotti unici al mondo. Buona parte del merito di questa unicità è rappresentato dal settore agroalimentare, da sempre fiore all'occhiello del Made in Italy che però non riesce a scrollarsi di dosso le vesti di Cenerentola. Oltre alla crisi, a rendere ancora più complicato negli ultimi anni lo sviluppo di questo settore vitale per l'economia del nostro Paese, anche l'appetito delle mafie. Camorra, Cosa Nostra, ‘Ndrangheta sono state ancora una volta capaci di anticipare i tempi e ormai da anni hanno messo le mani su un business, quello dell'agroalimentare, il cui giro d'affari si attesta attorno ai 14 miliardi di euro l'anno, 7 dei quali provenienti solo dalla produzione agricola. Questi alcuni dei dati emersi da "Agromafie. 2° Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia" Eurispes-Co ldiretti, presentato oggi, sabato, 19 ottobre, alle ore 9,00, nell'ambito della XIII edizione del Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazionea Villa d'Este di Cernobbio. Dei risultati della ricerca hanno discusso oltre al Presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, Donato Ceglie, Magistrato, Arturo De Felice, Direttore, D.I.A. - Direzione Investigativa Antimafia, Tullio Del Sette, Vice Comandante Generale dell'Arma dei Carabinier i, Fausto Martinelli, Vice Capo del Corpo Forestale dello Stato, Giorgio Toschi, Comandante dei Reparti Speciali della Guardia di Finanza. A moderare l'incontro Maur izio Amoroso, Caporedattore centrale, TG5. Nel 1° rapporto Agromafie, Eurispes e Coldiretti avevano denunciato il fenomeno dell'Italian Sounding, la commercializzazione di prodotti non italiani con l'utilizzo di nomi, parole, immagini che richiamano l'Italia, inducendo quindi ingannevol mente a credere che si tratti di prodotti italiani.

Nell'ultimo decennio si è registrato un vero e proprio crollo dei redditi degli agricoltori la cui quota per ogni 100 euro prodotti dalla filiera è scesa da 7,6 a 1,5 euro. Di contro i prezzi per l'ortofrutta moltiplicano in media di tre volte dalla produzione al consumo: i ricarichi variano dal 77% nel caso di una filiera cortissima, del 103% nel caso di un intermediario, del 290% nel caso di due intermediari, fino al 294% per la filiera lunga. E proprio dietro tanti passaggi molto spesso c'è la longa manus delle mafie. Negli ultimi anni di straordinaria importanza è stato il ruolo delle Forze dell'ordine (Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale). INas dei Carabinieri solo nel 2011 hanno effettuato 38.696 ispezioni accertando ben 22.206 infrazioni (+8%). Le regioni con il più alto numero di reati riguardanti il settore agricolo sono state Lazio e Campania rispettivame nte con 2.091 e 2.011 reati. Impegnatissimi anche gli uomini della Guardia di Finanza che nel solo 2012 hanno sequestrato prodotti alimentari per un totale di 10.649.040 chili ed effettuato, fra l'altro, controlli del settore "Frodi comunitarie-Aiuti all'agricoltura". Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia sono le regioni che hanno registrato una prevalenza di fenomeni fraudolenti riguardanti l'indebita percezione o richiesta di contributi europei. In aumento anche gli illeciti amministrativi registrati dal Corpo forestale: 105 reati accertati e 154 persone segnalate. Sono in totale 11.238 i beni immobili confisca ti in Italia tra appartamenti, ville, capannoni, terreni, alle associazioni mafiose. In particolare in Sicilia sono stati confiscati 4.892 beni, in Calabria 1.650, in Campania 1.571 e in Puglia 995. A conferma della crescente penetrazione da parte delle organizzazioni mafiose anche nelle regioni del Nord, va sottolineato che i beni confiscati in Lombardia sono stati 963, una cifra di tutto rispetto. Nel solo 2012 sono stati sequestrati e confiscati 1.674 aziende. Il riutilizzo di questi beni non ha più, come accadeva fino a qualche anno fa, un ruolo meramente simbolico o di testimonianza. I beni confiscati costituiscono ormai risorse diffuse sul territorio , utili a fungere da volano per interventi organici e strutturati di sviluppo locale, insomma risorse preziose per creare nuova occupazione e migliorare il benessere sociale ed economico.

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