In merito alla sentenza del tribunale del lavoro dell'Aquila sulla cosiddetta mancata chance offerta ai dipendenti della Regione Abruzzo, ecco la dichiarazione dell'assessore al Personale, Federica Carpineta. "La sentenza del giudice del lavoro dell'Aquila, alla quale i media regionali hanno dato risalto, giudica ancora una volta il lascito delle precedenti Giunte regionali, fatto di facili promesse ai dipendenti regionali, abbandonate poi all'inerzia e all'indecisione nella loro attuazione. Infatti l'avvio della vicenda risale al 2001, tredici anni fa. Fino al 2008 tutto è rimasto alle promesse, anche se la Regione si era in un certo senso 'auto obbligata' a adempiere a quelle promesse. Nel 2009, quando si insediò questa Giunta regionale, ci furono i mesi dell'emergenza-terremoto e, subito dopo provammo a avviare le famose verticalizzazioni, ritenendo giusto dare al personale quelle possibilità di crescita che per anni erano state negate dall'inerzia delle precedenti Giunte regionali. Ma il TAR bloccò tutto e ora, in conseguenza delle leggi nazionali intervenute, la Regione non può più avviare progressioni di carriera interne ma può solo avviare procedure concorsuali pubbliche con una quota di posti riservata al personale interno. Purtroppo, le condizioni finanziarie degli enti pubblici, compresa la Regione, di fatto impediscono la programmazione di procedure concorsuali di vaste dimensioni, che possano cioè soddisfare le aspettative dei tanti dipendenti regionali interessati. Va comunque precisato che il danno paventato dai titoli dei media è di gran lunga inferiore. Infatti, secondo i primi calcoli che stanno effettuando i nostri uffici, il costo per la Regione sarebbe irrisorio se non addirittura vicino allo zero, tant'è che potrebbe addirittura essere più oneroso proporre appello rispetto al pagamento di quanto effettivamente dovrebbe esser riconosciuto ai ricorrenti Questa constatazione non elimina la censura che la storia di questa Regione addebita a chi l'ha amministrata nel passato facendo promesse senza poi mantenerle e senza tener mai in debito conto gli interessi che ogni politico e amministratore pubblico deve tenere come proprio dovere assoluto: cioè quelli dei cittadini"
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