L'assoluzione di tutti i sette imputati con la formula "perche' il fatto non sussiste e con il rigetto delle domande risarcitorie delle parti civili". Sono le conclusioni rassegnate dall'avvocato Carlo Sica, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, citato quale responsabile civile nell'ambito del processo contro i sette membri della Commissione Grandi Rischi, in svolgimento all'Aquila.
"Non ci sono colpe - ha detto l'avvocato Sica - ma il fatto, ovvero il terremoto e non e' colpa di nessuno si si e' materializzato nella rappresentazione sociale che ha indotto nella notte del 5 aprile alcune persone a rimanere in casa". Per Sica, gli imputati "si sentono delle vittime".
"Solo a lei le parti offese credono perche' lei pubblico ministero, sta dalla parte della collettivita', ma ho provato a farmi credere". Lo ha detto in aula nella sua arringa difensiva l'avvocato dello Stato Carlo Sica nell'ambito del processo ai sette membri della commissione Grandi rischi, organo scientifico della presidenza del Consiglio, rivolgendosi al pm Fabio Picuti.
"Lei - ha aggiunto - a fine processo ha chiesto la condanna per i sette imputati e questo non fa bene agli stessi e alle parti offese, l'evoluzione del processo ed i contenuti dei documenti la dovevano portare a chiedere l'assoluzione degli imputati. Le parti offese non devono vivere il loro dramma ipotizzando un proprio convincimento. Il terremoto e' peggio di una malattia incurabile, ai parenti delle vittime chiedo di non avere il cruccio di non aver potuto far niente per salvarle". Nella sua lunga requisitoria, il responsabile civile ha posto dubbi sul numero legale dei membri della Commissione Grandi Rischi: "non erano stati convocati i due membri di diritto e vi erano i quattro esperti Boschi, Calvi, Eva e Barberi che figurano nei due verbali che sono imputabili solo a questi quattro esperti sismologi chiamati a valutare la sequenza sismica nell'Aquilano negli ultimi mesi".
"Ci dobbiamo preoccupare non dei grandi assenti ma dei finti presenti. Bertolaso ad esempio e' giustamente assente". Lo ha detto nella sua arringa difensiva, l'avvocato Filippo Dinacci, legale di fiducia di Mauro Dolce e Bernardo De Bernardinis, entrambi imputati nel processo contro i sette membri della Commissione Grandi Rischi. Contrariamente a quanto sostenuto da altri colleghi difensori, come ad esempio Franco Coppi, legale di Giulio Selvaggi, (anche lui indagato), che nella scorsa udienza aveva definito Bertolaso "come il grande assente nel processo", Dinacci ha evidenziato il proprio stupore nel vedere nascere un "processo che non doveva esistere" ed ha parlato di "sette cristi sui quali e' stata chiesta una condanna perche' e' successo un evento".
"Non bisogna trovare un colpevole, come dice la procura, ma il colpevole, senza cercare consensi di piazza. Con questo processo si e' lanciata la sfida al diritto penale contemporaneo per reintrodurre un diritto penale medievale", ha proseguito Dinacci. "Si sta chiedendo - ha aggiunto - la condanna sulla base di un giudizio probabilistico, peraltro molto improbabile. E questo non va bene. E' impossibile per il giudice sulla base di una mera probabilita' arrivare a una condanna, lo dice la legge". Dinacci ha tentato di smontare la tesi dell'accusa affermando anche "che lo sciame sismico non e' da considerarsi un precursore almeno 997 volte su 1000"
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