Il Csm avvia l'istruttoria sulla vicenda delle pressioni che sarebbero state esercitate su giudici popolari del processo sulla discarica della Montedison di Bussi sul Tirino (Pescara); un giudizio che si e' concluso davanti alla Corte d'assise di Chieti con l'assoluzione di tutti i 19 imputati dall'accusa di avvelenamento doloso delle acque e la prescrizione del reato di inquinamento colposo (mentre la procura aveva chiesto condanne a pene tra i 4 e i 12 anni, ritenendo anche il secondo reato doloso). Il primo passo deciso dalla Prima Commissione di Palazzo dei marescialli e' chiedere informazioni al procuratore generale dell'Aquila e insieme acquisire i verbali di udienza con le conclusioni del processo. Obiettivo di questa prima ricognizione e' anche accertare se sia stata avviata un'indagine penale sul caso portato alla luce dal Fatto quotidiano, che ha pubblicato le testimonianze di due giudici popolari che hanno chiesto di mantenere l'anonimato.Secondo il loro racconto,non solo non avrebbero mai letto gli atti del processo; ma in una cena con i giudici togati, qualche giorno prima della camera di consiglio, il presidente della Corte avrebbe detto loro che se avessero condannato per dolo gli imputati, questi avrebbero potuto poi chiedere personalmente a loro il risarcimento del danno, se in appello fossero stati assolti. Relatori del fascicolo sono sia il togato di Unicost Rosario Spina sia la laica di Sel Paola Balducci, presidente della Prima Commissione. Ma tra i consiglieri non mancano dubbi sulla stessa competenza del Csm a occuparsi del caso. Esplicito e' il laico di Forza Italia Pierantonio Zanettin: "se i fatti sono quelli denunciati, la competenza, piu' che della Prima Commissione, e' penale e disciplinare".
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