Sei anni di reclusione per Maurizio Di Pietro e Guido Curti, tre per il fratello del primo, Nicolino. E' la sentenza con cui il tribunale di Teramo ha condannato per bancarotta fraudolenta i tre imprenditori teramani che, in diversi ruoli, gestivano di fatto o direttamente una serie di societa' nel settore del movimento terra e del trasporto degli inerti, portandole strategicamente al dissesto e poi al fallimento. Si chiude cosi' il primo capitolo della vicenda conosciuta come "crac Di Pietro", che due anni fa porto' in cella i tre. La sentenza, emessa dal presidente Giuseppe Spinosa e arrivata dopo una breve camera di consiglio, sancisce in primo grado la distrazione dei beni per un importo di oltre 20 milioni di euro, confluiti nelle societa' De Immobiliare e Kappa e provenienti dalle 'consorelle' fallite, la Dft Grafiche e la Sirius, attraverso un giro di banche e finanziarie, anche svizzere, inglesi e cipriote. Il tribunale ha deciso per condanne piu' miti rispetto alle richieste del pubblico ministero, Irene Scordamaglia, che voleva la condanna di Maurizio Di Pietro a 12 anni, a 9 per Curti e a 3 per Nicolino Di Pietro.
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