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Pubblicato il 15/09/2013 21:09

Omicidio Melania Rea, Parolisi chiede un processo d'Appello aperto al pubblico

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Dice di essere innocente e di essere stato condannato sulla base di ''circostanze infondate''. Per questo, il caporalmaggiore dell'esercito Salvatore Parolisi, con una lettera manoscritta indirizzata al presidente della Corte d'Assise d'Appello di L'Aquila, chiede che il suo processo di secondo grado fissato per il 25 settembre prossimo, sia celebrato a porte aperte, e non in camera di consiglio, come invece dovrebbe accadere visto che in primo grado e' stato condannato con rito abbreviato.

''Chiedo - scrive nella lettera datata 19 luglio 2013 - alla signoria vostra che il proprio processo si svolga con udienze pubbliche anziche' in camera di consiglio'' in modo da '' consentire a tutti coloro che sono interessati alla vicenda di poter seguire direttamente il processo''. Nella stessa missiva, il caporalmaggiore dell'esercito condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio della moglie Melania Rea, annuncia anche la volonta' di ''presenziare alla prima udienza'' e a '' tutte quelle successive''.

Parolisi, difeso dagli avvocati Nicodemo Gentile e Walter Biscotti, ha intenzione di giocarsi il tutto per tutto in questo secondo grado. Il giudice che lo ha condannato all'ergastolo infatti, dopo avergli concesso il rito condizionato abbreviato, lo aveva criticato duramente nella motivazione alla sentenza. Per il giudice Marina Tommolini infatti l'uomo sarebbe ''subdolo e violento'' e ''non avrebbe mostrato alcun pentimento nel corso del processo''. Anche per questo non gli avrebbe concesso l'applicazione delle attenuanti generiche.

Per il gup di Teramo Marina Tommolini inoltre, anche 'l'improvviso attaccamento alla figlia desta piu' di un sospetto di autenticità'. ''Evidentemente - scriveva il giudice- nel ruolo che il prevenuto sta recitando, la piccola ( che potrebbe peraltro aver assistito a tutto o a parte dell'omicidio, per cui e' l'unico potenziale teste oculare) gli e' utile per fornire l'immagine del padre premuroso (pur essendo rimasto assente, per non ben spiegate ragioni, persino quando e' nata)''.

Inoltre, sempre secondo il giudice, Parolisi ''nel corso del processo ha assistito in disparte e silente (anche sotto il profilo dei normali saluti, quali un 'buongiorno' o un 'buonasera' che normalmente si pronunciano a chi entra o esce da un'aula di giustizia) ed e' intervenuto in un'unica occasione, quando stante l'esigenza manifestante dal giudicante di acquisire i sui orologi, ha indicato quello rimasto nell'abitazione della suocera, scoprendosi che da detta abitazione l'orologio in questione non e' mai stato spostato, e, di conseguenza, non poteva essere indossato al polso il giorno del delitto''. Questo per il giudice altro non e' stato che ''l'ennesimo tentativo di inquinamento probatorio, 'spacciato', invece, come collaborazione di chi sa di non dover nascondere nulla".

 

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