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Pubblicato il 24/11/2012 08:08

Sangue infetto in trasfusione, un milione di risarcimento

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La donna ha contratto l'epatite C dopo due emotrasfusioni cui si era sottoposta nel 1981 nell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.

Maxi risarcimento da un milione di euro per le figlie di una donna aquilana morta poco dopo il terremoto dell'Abruzzo e che nel 1991 aveva scoperto, da controlli medici, di avere contratto l'epatite C dopo due emotrasfusioni cui si era sottoposta nel 1981 nell'ospedale San Salvatore dell'Aquila.

Per il giudice del Tribunale dell'Aquila Antonella Camilli il ministero della Salute doveva assicurarsi il rispetto della normativa di settore e, quindi, impedire che venisse utilizzato plasma infetto. Nella sentenza si ricorda, inoltre, che nonostante il test di rilevazione dell'epatite C sia stato introdotto solo nel 1988, gia' dal 1960 la scienza mondiale aveva gli strumenti idonei a rilevare la presenza di virus nel sangue. Quindi, anche in assenza di un test identificativo il ministero aveva comunque il dovere di praticare metodi alternativi esistenti che consentissero di fare indagini anamnestiche sui donatori e controlli effettivi di laboratorio sul plasma. 

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