Marco Taucci e Marco Manzo sembrano non volersi fermare. Dopo aver organizzato tre missioni private e aver portato sostegno ai profughi accampati a Idomeni, i due abruzzesi vogliono andare oltre, e questa volta la sfida si fa più ardua. "Progetto Ponte. Agire a Idomeni. Per una comunità autosostenibile" è stato presentato lo scorso nove agosto nella sala conferenze del Grand Hotel Adriatico di Montesilvano con la partecipazione del senatore Razzi.
"Dall'esperienza umanitaria maturata è nato un sogno: dare una casa e della terra ai profughi per rendere autonoma e dignitosa la loro vita" spiega Manzo. Perché prima che la guerra distruggesse tutto e iniziassero le ondate migratorie a cui stiamo assistendo, i rifugiati erano medici, ingegneri, agricoltori, madri e padri di famiglie molto spesso sterminate.
"Le conseguenze belliche per le nuove generazioni sono terribili: dalla mancata scolarizzazione ai traumi, i bambini non godono più di un clima idoneo in cui crescere e questo è inconcepibile" racconta Taucci. "A Idomeni abbiamo conosciuto ragazzini assetati di istruzione, che davanti a un libro o a un dizionario manifestavano una gioia immensa. Queste sono le generazioni che più dobbiamo salvaguardare".
Nell'ultimo viaggio in Grecia, i due volontari hanno individuato, nel Nord del paese, al confine con la Macedonia, una casa di circa 375 mq, con una dependance di 100 mq e un terreno agricolo di 36000 mq. "Il progetto è quello di creare una fattoria autogestita dove poter ospitare circa quindici famiglie di profughi selezionate e che possano sottostare a regole di vita comune" spiega Taucci. "Il modello di partenza è quello dei kibbutz, per creare lavoro a favore della comunità, una casa in cui i rifugiati possano progredire, alimentarsi, autosostenersi e integrarsi con il nuovo paese che li ospita. Questo è un modello etico che potrebbe essere replicato da altri privati come noi in qualsiasi altra zona".
Le difficoltà, ovviamente non sono poche, prima tra tutte quella economica. Per l'acquisto dell'immobile e del terreno, il restauro della casa e l'avvio delle prime produzioni sono necessari circa centomila euro. "Alcune aziende abruzzesi si sono già mosse in nostro favore, garantendo delle somme monetarie da stanziare, diventando così delle vere e proprie Good Company nel progetto. Ma il cammino è ancora lungo e abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti" esorta Manzo. "Se mantenere un profugo costa circa 30 euro al giorno e i contributi statali vanno i mano di organizzazioni di accoglienza, allora non è poi così impossibile pensare di poter gestire autonomamente i nostri soldi per dare un aiuto vero a queste persone, offrendo loro un'attività da svolgere e una casa in cui abitare".
L'iniziativa privata, senza scopo di lucro e priva di sponsor politici, ha ultimamente visto il supporto del senatore Razzi e di Maurizio Acerbo: entrambi si sono attivati per creare collegamenti con i rappresentanti politici greci. "Quando Marco Taucci mi ha telefonato per spiegarmi il progetto ho capito che era giusto intervenire e dare una mano. Così, tramite il Ministero degli Esteri, ho creato un legame tra i nostri pescaresi e le istituzioni greche, che si sono mostrate subito entusiaste" ha raccontato il senatore Razzi.
Con le piantine dell'immobile in mano e armati di un grande e ineguagliabile entusiasmo, Taucci e Manzo sono decisi a percorrere questa nuova strada, convinti di poter di fatto aiutare quelle famiglie che hanno conosciuto a Idomeni tra tende, baracche, fango e pioggia. Il tempo, forse, darà loro ragione.
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