E' un'arte nuda quella di Gino Sabatini Odoardi, in cui non c'è spazio per il superfluo. E' un'arte che arriva dritto all'anima, scuotendo ricordi infantili, abitudini, riflessioni inaspettate, in un magnetismo visivo che si imprime nelle memorie. L'essenzialità assume forza, mentre la ripetitività sembra condurre in uno luogo in cui l'infinito ci avvolge tutti, nell'assenza e nella pace.
Dispiegamenti è l'ultima personale di questo artista abruzzese, tornato a Pescara all'Alviani ArtSpace, diretto da Lucia Zappacosta, con un lavoro appositamente concepito per questo spazio in cui la sperimentazione è diventata negli anni l'unica chiave di lettura. La mostra, a cura di Daniela Pietranico, con testo critico di Antonio Arévalo, è stata inaugurata lo scorso 7 maggio e sarà visibile fino al 26 giugno.
Senza titolo 2016. Termoformatura in polistirene, corda in nylon, smalto e plexiglass, dim variabili
Continua la riflessione sulla piega, con una serie di ventiquattro panneggi bianchi sospesi grazie ad altrettante corde nere appese al soffitto. La tecnica utilizzata è sempre quella della Termoformatura in polistirene, definizione tecnica del procedimento sfruttato dall'artista per realizzare gran parte dei suoi lavori. L'appropriazione di tale processo materico rende Sabatini Odoardi unico nel panorama italiano e internazionale. Per plasmare con le sue mani questi candidi e lucidissimi drappi "il lavoro è stato assai complesso, perché una volta che questo lenzuolo riscaldato viene tirato fuori dal forno ho solo sette secondi per creare la scultura, prima che torni ad irrigidirsi" spiega l'artista.
L'attitudine manuale è fondamentale per l'espressione creativa di Gino Sabatini Odoardi, che è riuscito, negli anni, ad imporsi con un linguaggio personale del tutto innovativo, manifestazione del presente nella scelta del materiale plastico, ma sviluppato sulla base della conoscenza del passato, più precisamente a cavallo tra la storia della filosofia e dell'arte. "Il mio lavoro trova le sue radici nell'Antiform di Robert Morris, artista che negli anni Sessanta creava un nuovo concetto di scultura lasciando cadere a terra dei panni di feltro, i quali assumevano forme sempre diverse, attraverso la combinazione di gravitazione e pieghe. La scultura si poteva disfare ogni volta che il drappo veniva rialzato, e ciò assicurava che non avrebbe mai più avuto la stessa configurazione. La mia, invece, è un'evoluzione, un processo di sola andata, poiché il gesto che faccio, si imprime e non può più essere modificato".
(Part.) Senza titolo 2016. Termoformatura in polistirene, corda in nylon, smalto e plexiglass, dim variabili
Torna il contrasto tra il bianco e il nero, nella volontà di azzerarsi a livello cromatico. "Il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto o indiretto sulla mente umana. Il nero promuove la notte, il bianco è sottrazione ed apre al possibile, il rosso è l'incantesimo dell'atto" afferma l'artista. La morbidezza suggerita dai drappi appesi è impareggiabile se ci si sofferma a riflettere sul materiale di origine, il polistirene, appunto, per natura rigido e indeformabile. La lucidità di quel candore, nella magia della piega che svela qualcosa e nasconde altro, rimanda all'arte neoclassica, barocca, rinascimentale. "Mi ricordo quando, al Liceo Artistico, mi hanno messo davanti ad un panneggio per farmelo disegnare. Perché il panneggio è come il nudo, qualsiasi artista, prima o poi, ci dovrà fare i conti". Le corde nere, invece, giocano un continuo rimando all'enigma di Isidore Ducasse, agli impacchettamenti di Christo, per giungere infine agli annodamenti di Kounellis. Il risultato ottico è quello di una foresta spoglia, in cui i fantasmi e i misteri dell'esistenza si nascondono, si annidano, in un silenzio primordiale in cui l'essere deve ancora plasmarsi, mentre il procedere del tempo è regolato dall'equilibrio e dalla forza di gravità.
(Part.) Senza titolo 2016 Termoformatura in polistirene, smalto e plexiglass, dim variabili
Ad accompagnare il progetto installativo, 12 piccoli disegni a parete, copie degli schizzi di Gilles Deuleze, inseriti nel saggio La Piega, Leibniz e il Barocco. "Questo filosofo francese, attraverso la metafora della piega, riesce a parlare del mondo: dall'architettura alla musica, passando per la scultura, l'arte, la filosofia, la letteratura. Per me, questi schizzi, sono la teoria visiva che supporta il mio lavoro, che assume così un significato più pratico".
Senza titolo con sedia, 2016. Termoformatura in polistirene, legno, paglia e smalto cm 40x80x90
Gino Sabatini Odoardi è attualmente in mostra fino al 1 giugno anche a Milano, nella galleria Whitelight Art, con Decentrato, un lavoro che esibisce ventiquattro sedie nere in un magico equilibrio, sulle quali poggiano altrettanti panneggi bianchi. In estate, nel Museo della Permanente, sarà inaugurata una nuova personale, curata da Martina Cavallarin, progetto collaterale alla Triennale di Milano.
Il futuro vede questo enigmatico artista proseguire per la strada della sottrazione "Tendo al minimalismo e all'azzeramento" conclude. "Mi piacerebbe parlare sempre meno, poter lasciare un segno e scappare, perché più hai consapevolezza del mondo e più ti disilludi. Devo ammettere, però, che in questo momento della mia vita sono molto più sereno, e questo mi da un certo sollievo".
Senza titolo 2016. Termoformatura in polistirene, corda in nylon, smalto e plexiglass, dim variabili
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