"Sono contento che il nuovo Papa sia un gesuita, perché anche io lo sono. I fedeli che frequentano la nostra comunità religiosa hanno risposto molto positivamente alla nomina di Papa Francesco". Sul viso di Padre Stefano Salviucci appare un sorriso lieto. Siamo nella parrocchia di Cristo Re di Pescara, in quell'area collinare che tutti conoscono proprio come "i gesuiti".
Padre, cosa vuol dire appartenere alla Compagnia di Gesù?
Essere gesuita vuol dire, sicuramente, rispondere a una vocazione, ad una prospettiva di fede. Uno dei valori principali che mi ha spinto ad abbracciare quest'ordine è l'universalità, ovvero sentirsi cittadino del mondo e partecipe dell'umanità. Io sono chiamato ad essere una persona nel senso pieno della parola, e quindi a sviluppare quei talenti che il Signore mi ha dato nella maniera più piena. Tutto ciò si riversa nella libertà di spirito, che da sempre ha contribuito a creare diverse personalità all'interno della Compagnia di Gesù: lo scienziato, il matematico, l'astronomo, il sociologo, e il missionario che sceglie l'estrema povertà. Inoltre, il gesuita ha sicuramente la caratteristica di vivere "fuori dagli schemi", disponibile ad essere sempre pronto e con la valigia in mano.
Su twitter Papa Francesco ha scritto "Il vero potere è il servizio. Il Papa deve servire tutti, specie i più poveri, i più deboli e più piccoli". Una delle vostre missioni è proprio il servizio della fede. Cosa vuol dire?
Il servizio della fede vuol dire che noi riteniamo che il Vangelo investa tutto l'uomo, e che quindi non si possa fare una predicazione senza cambiare certe strutture di carattere sociale, altrimenti si cadrebbe nell'ipocrisia. Il servizio non è finalizzato al dio potere, a una classe o categoria di persone, perché il Signore ci ha chiamato a creare una comunione. L'evangelizzazione vuol dire proporre la fede per la costruzione del regno di Dio, che è una costruzione di fraternità, giustizia e corresponsabilità.
Perché c'è così tanta attenzione nei confronti dei poveri?
L'idea che il povero in quanto tale abbia più fede e quindi un posto assicurato in Paradiso è falso, perché è l'opposto di ciò che Gesù ci ha voluto insegnare. Il cristiano crede che Dio sia diventato uomo e come tale abbia vissuto, per cui l'uomo ha un valore e non si può parlare di fede se non si ha rispetto della dignità umana. Il povero è colui che si sente disponibile, che si sente ricco dei doni che Dio gli ha dato e non dei beni che possiede. Per questo la sua ricchezza è mettere a disposizione degli altri i suoi doni. Bisogna contestare radicalmente la mentalità odierna secondo cui il possedere renda importanti, perché è la possibilità di dare che nobilita l'essere, ed è questo il capovolgimento del Vangelo.
In che modo i gesuiti collaborano con i laici, e quali sono le offerte culturali e religiose della parrocchia di Cristo Re?
I gesuiti sono presenti in diverse iniziative a livello internazionale e nazionale. Il Jesuit Refugee Service, ovvero il servizio per i rifugiati, e il Magis, Movimento e Azione dei Gesuiti Italiani per lo Sviluppo, a sostegno del terzo mondo, sono due esempi della collaborazione tra religiosi e laici. A livello locale, invece, il MEG, Movimento Eucaristico Giovanile, e l'associazione laica In Che Mondo Siamo sono organizzazioni che fanno parte dell'offerta culturale della nostra parrocchia. Conferenze riguardanti la letteratura, la pittura e l'arte in genere non mancano mai. L'associazione Il Parco, poi, si occupa di eventi che hanno un certo rilievo cittadino. Ci sono anche tante altre attività che fanno riferimento ai gesuiti, come le scuole di informatica o di ballo, che rientrano nella nostra forma di ospitalità e apertura.
Il calore del nuovo Papa gesuita ha già conquistato i fedeli. È il Papa che tutti si aspettavano?
La Chiesa oggi fa fatica a realizzare che la gente ha bisogno di un rapporto differente, un rapporto umano più diretto che Papa Francesco ha mostrato sin dal primo momento. I fedeli si aspettano qualcosa di diverso, ma il discorso non è facile, perché c'è una storia alle spalle che non si può eliminare. I valori possono essere aggiornati, ma non si possono buttare nel cestino. È facile fare demagogia in questo senso volendo spazzare via un apparato scenografico, ma io non sono di questo parere. Cerchiamo di capire fino a che punto è giusto che certe cose cambino, perché San Pietro è San Pietro, la Cappella Sistina l'ha fatta Michelangelo e tutto questo non si può cancellare. Al giorno d'oggi c'è una forte confusione che provoca una crisi di valori e di fede e su questo bisogna lavorare.
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