Sembra ormai impossibile arrestare la nuova tendenza che vede il cibo di strada protagonista di festival ed eventi in tutta Italia. Tra chioschi, carretti e apette, i venditori ambulanti, vagabondi senza fissa dimora, sono pronti a girare lo stivale per proporre ricette tipiche e prelibatezze varie. E anche Pescara ha avuto i suoi tre giorni caratterizzati dall'arrivo di stravaganti chef on the road, tutti riuniti nella cornice del Porto Turistico per lo Street Food Time, tenutosi dal due al quattro ottobre. Trenta stand per raccogliere il meglio delle proposte gastronomiche d'Italia, con qualche parentesi etnica proveniente dal Perù, Venezuela, Etiopia e Argentina.
Polpette, crocchette, fritti misti. E ancora pizza, arrosticini, falafel, panzerotti, risotto allo zafferano, focaccia con la mortadella. Hamburger, panini veggie, pesce fritto, gricia, lampredotto, pallotte cacio e ovo e panelle. Impossibile non essere travolti da odori e sapori di pietanze ricche in grado di accontentare qualsiasi palato, mentre le birre artigianali e i vini abruzzesi hanno accompagnato le varie proposte culinarie.
Colazione, pranzo, merenda, cena e spuntino di mezzanotte, la "felicità in un cartoccio" ha soddisfatto l'appetito di tutti i partecipanti. I fornelli hanno iniziato a scaldarsi alle undici di mattina per continuare a friggere, spadellare e grigliare fino all'una di notte, dando vita ad un via vai di gente travolta dall'autenticità delle cucine regionali.
E se per molti anni lo street food è stato associato solo a caloriche abitudini alimentari riconducibili esclusivamente ad hamburger, hot dog, snack e junk food, oggi il vento ha cambiato direzione. L'idea di valorizzare ingredienti genuini, lo zampino di alcuni chef stellati, e la voglia di riscoprire le sane abitudini, hanno dato origine a una moda che sembra non arrestarsi, dove mangiare in piedi o camminando diventa un must irrinunciabile per il grande pubblico.
Tutto è veloce, più economico, divertente. E il cibo di strada si trasforma in un'alternativa cheap al pasto consumato al ristorante, dove tavolo, coperto e servizio generano costi più elevati. Il gusto non viene meno, anzi. Le proposte dei piccoli chioschi ambulanti sono invitanti, i sapori decisi e intensi, i profumi inebrianti, mentre l'opportunità di poter curiosare tra un carretto e l'altro rende l'atmosfera frizzante. E il rapporto umano ci guadagna diventando amichevole e diretto: il cliente chiede e lo chef risponde.
Moda passeggera o business redditizio? In realtà lo street food ha sempre fatto parte della cucina pop, soprattutto se si pensa che il primo e vero boom si ebbe nell'antica Roma
dove mangiare velocemente e in piedi fu una consolidata abitudine popolare, già nota ai greci e agli egizi. Inoltre, le contaminazioni derivanti dai flussi migratori e dai domini dei popoli stranieri hanno fatto sì che il cibo di strada diventasse un elemento identificativo della storia legata ad ogni singolo territorio.
Dalle origini al presente, questo trend non ha mai conosciuto crisi in ogni parte del mondo. La tecnologia, il marketing e l'ossesione gourmet, hanno di certo reso il fenomeno più imponente creando, negli ultimi anni, un vero e proprio business senza confini. Ma queste sono solo le attuali strategie di mercato.
In fin dei conti, i produttori dello street food sono e restano veri e propri artigiani, che stanno assumendo un'importanza culturale da non sottovalutare. Detentori delle tradizioni culinarie locali, diffondono con semplicità le radici gastronomiche di una specifica area geografica, rispolverando ricette appartenenti a tempi lontani, saperi familiari e gusti spesso sconosciuti ai palati comuni. Non aveva torto Gualtiero Marchesi quando affermava "Il cibo di strada è il modo più diretto per conoscere la storia di un paese".
Foto di Giulia Grilli
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