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Pubblicato il 25/05/2013 10:10

Il dialetto pescarese nella poesia di Gabriele d'Annunzio

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"Gabriele d'Annunzio usava volentieri il dialetto pescarese nel colloquio familiare, con gli amici e nei momenti d'ira". Così Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani, all'incontro "Il dialetto pescarese nella poesia di d'Annunzio", il settimo appuntamento della rassegna sui dialetti italiani organizzato presso la sede romana della "Società Dante Alighieri". L'attaccamento per la lingua materna e l'amore per la terra natia - l'evidente "abbruzzesità" - in Gabriele d'Annunzio hanno sempre costituito una componente costante nella sua produzione letteraria. Con gli amici pescaresi parlava sempre in dialetto e alla propria terra si rivolgeva sempre con quella struggente nostalgia che più volte lo spinse a fare di quel mondo di "pastori" l'ambientazione ideale per molti suoi scritti.
Ispirate all'Abruzzo sono "Le novelle della Pescara", pubblicate nel 1902 - una rielaborazione dei racconti apparsi in "Terra vergine" (1882) - "Il libro delle Vergini" (1884) e "San Pantaleone" (1886). Romanzo d'ispirazione abruzzese è poi il "Trionfo della morte", come abruzzesi sono le tragedie "La figlia di Iorio" (1904) e "La Fiaccola sotto il moggio" (1905).
Di queste opere la critica nazionale e internazionale si è a lungo e ampiamente occupata, trascurando quella produzione minore che ha visto il Vate impegnato nella stesura di componimenti in dialetto abruzzese, tra cui molti sonetti, non compresi nell'Opera omnia e, pertanto, rimasti perlopiù sconosciuti. Licio Di Biase, scrittore e storico pescarese attualmente delegato al Patrimonio storico del Comune di Pescara, spiega che il Vate "fu mandato dal padre in Toscana per parlare un corretto italiano, senza la sconveniente impronta dell'accento abruzzese". Due sono le composizioni - "A Giacumine Acerbe" e "A Luiggine D'Amiche" - dove il poeta scrive realmente in dialetto pescarese che, - come afferma Di Biase - "è diverso dal dialetto regionale che risente di molte influenze". Il 2013 sarà anche l'occasione per celebrare il grande personaggio italiano a 150 anni dalla nascita, avvenuta a Pescara nel 1863. Tra i tanti appuntamenti in programma, sarà allestita una mostra a Trento e a Bologna in autunno, oltre ai tanti eventi organizzati a Pescara, terra d'origine del Vate. Il salone internazionale del libro, conclusosi pochi giorni fa, ha reso omaggio al Poeta e alla sua poliedrica figura con una mostra di libri e manoscritti autografi.
Di queste opere la critica nazionale e internazionale si è a lungo e ampiamente occupata, trascurando quella produzione minore che ha visto il Vate impegnato nella stesura di componimenti in dialetto abruzzese, tra cui molti sonetti, non compresi nell'Opera omnia e, pertanto, rimasti perlopiù sconosciuti. Licio Di Biase, scrittore e storico pescarese attualmente delegato al Patrimonio storico del Comune di Pescara, spiega che il Vate "fu mandato dal padre in Toscana per parlare un corretto italiano, senza la sconveniente impronta dell'accento abruzzese". Due sono le composizioni - "A Giacumine Acerbe" e "A Luiggine D'Amiche" - dove il poeta scrive realmente in dialetto pescarese che, - come afferma Di Biase - "è diverso dal dialetto regionale che risente di molte influenze". Il 2013 sarà anche l'occasione per celebrare il grande personaggio italiano a 150 anni dalla nascita, avvenuta a Pescara nel 1863. Tra i tanti appuntamenti in programma, sarà allestita una mostra a Trento e a Bologna in autunno, oltre ai tanti eventi organizzati a Pescara, terra d'origine del Vate. Il salone internazionale del libro, conclusosi pochi giorni fa, ha reso omaggio al Poeta e alla sua poliedrica figura con una mostra di libri e manoscritti autografi.

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