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Pubblicato il 11/04/2013 23:11

Millecinquecento tonnellate di mais ucraino falsamente bio

finanza, pescara, abruzzo, teramo, alimenti biologici

Operazione in tutta Italia, perquisizioni nel teramano

Perquisizione in provincia di Teramo nell'abitazione di un ispettore di un organismo di controllo privato per alimenti biologici da parte della Guardia di Finanza di Pesaro nell'ambito dell'inchiesta che ha portato oggi al sequestro di 1.500 tonnellate di soia, mais e grano tenero ucraino falsamente certificati come biologici, ma in realta' ad alto contenuto di Ogm e di 30 tonnellate di soia provenienti dall'India e contaminate con pesticidi.

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E' stata denominata operazione "Green war" l'indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Pesaro che ha portato a numerose perquisizioni a carico di operatori del settore dei prodotti da agricoltura biologica che importavano da Paesi terzi limitrofi all'U.E. (Moldavia e Ucraina) granaglie destinate al comparto zootecnico e, in taluni casi, all'alimentazione umana (in particolare, soia, mais, grano tenero e lino) falsamente certificate come "bio" ma in realtà non conforme alla normativa comunitaria e nazionale.Millecinquecento tonnellate di mais ucraino falsamente certificato come proveniente da agricoltura biologica e 30 tonnellate di soia indiana lavorata contenente in parte pesticidi, destinate all'industria dei mangimi, sono state sequestrate in diverse regioni italiane (Marche, Emilia Romagna, Sardegna, Molise e Abruzzo) dalla Guardia di finanza di Pesaro e dall'Ispettorato repressione frodi del ministero delle Politiche agricole impegnati nell'operazione "Green War".

Ventitre' le persone indagate (associazione a delinquere per la frode in commercio), che in caso di condanna rischiano severe pene detentive: coinvolte anche una decina di societa', tra cui quelle moldave e ucraine che curavano l'approvvigionamento delle granaglie, e gli enti di certificazione e analisi dei prodotti, con sede a Fano e Sassari, di cui dovranno essere accertati ruolo e responsabilita'.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, i prodotti, destinati al mercato zootecnico e alimentare, venivano sdoganati a Malta da una società gestita da italiani e poi introdotti nel nostro Paese. Coinvolte anche una decina di società, tra cui quelle moldave ed ucraine che curavano l'approvvigionamento delle granaglie, e gli enti di certificazione ed analisi dei prodotti con sede a Fano e Sassari, di cui dovranno essere accertati ruolo e responsabilità. 

 

 

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