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Pubblicato il 26/09/2013 08:08

Caso Berlusconi, deputati Pdl pronti a dimettersi

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Pronti a dimettersi i parlamentari del Pdl qualora il Senato votasse la decadenza di Silvio Berlusconi. La decisione è emersa al termine della riunione convocata dal Cavaliere. I segnali, avrebbero riferito ieri ed oggi i legali al Cavaliere, che arrivano dalle varie procure che si occupano delle diverse vicende giudiziarie che gravano sull'ex premier, non sono positivi. Da qui il timore di Berlusconi che, un minuto dopo il voto sulla sua decadenza da senatore, scattino le manette.

Si sente braccato, ripetono i fedelissimi, e la miglior difesa e' l'attacco. Da qui la scelta di tornare ad alzare il livello di scontro, un modo per mandare un messaggio chiaro al Colle - accusato dal Cavaliere di non aver dato seguito alle assicurazioni promessegli in occasione della nascita del governo Letta - e al Pd. Ma io non mollo, garantisce ai suoi, resisto e combattero' fino alla fine. Si illudono se credono di farmi fuori. In realta', viene spiegato, l'intenzione di Berlusconi - sebbene i 'falchi' insistano sul procedere fino alle estreme conseguenze - non e' di far precipitare a breve la situazione, non vuole per il momento staccare la spina al governo. Ma se crisi dve essere, per Berlusconi Fi tornera' a vincere.

Di fatti, viene fatto notare, per ora non c'e' cenno delle dimissioni dei ministri. Ma l'obiettivo e' lanciare l'ultimo avvertimento: se mi fate decadere si va al voto. L'arma da puntare alla tempia del Pd e del Colle e' la stessa gia' decisa lo scorso 2 agosto, poi rimasta nel limbo, con tanto di capigruppo pdiellini saliti al Quirinale ma di dimissioni neanche l'ombra. Oggi torna la linea dura, anche se le dimissioni - approvate per acclamazione dall'assemblea dei gruppi e alle quali potrebbero aggiungersi quelle dei leghisti - resteranno 'congelate' fino al 4 ottobre, giorno in cui tornera' a riunirsi la Giunta. A rialzare il livello di scontro sarebbero state le 'provocazioni' continue da parte del Pd, che non solo si appresta - viene spiegato - a eliminare il leader del Pdl con un voto, ma tenta di impedirgli anche di rifondare Forza Italia inserendo nel ddl sul finanziamento pubblico ai partiti un tetto alle donazioni dei privati. Ma la vera miccia si e' accesa dopo le voci su nuovi sviluppi della vicenda De Gregorio. A cui si aggiunge il 'silenzio' del Colle, dal quale il Cavaliere si attendeva un segnale chiaro. E invece, e' il ragionamento svolto anche oggi al vertice a palazzo Grazioli a pranzo, Napolitano che fa? Chiama Alfano per intimarci di rigare dritti e non minare la stabilita' del governo - avrebbe spiegato l'ex premier ai suoi - ma si guarda bene dal muovere un dito per fermare l'attacco concentrico ai miei danni. E' una furia il Cavaliere nel pomeriggio, quando il vertice con i big del partito da riunione sul futuro assetto di Fi si trasforma in cabina di guerra: teniamoci pronti a tutto, e' il refrain. L'ex premier resta convinto, del resto, che sara' il Pd a staccare la spina, a non regegre. E in quest'ottica potrebbe essere letto il cambio di rotta repentino impresso alla strategia pidiellina e berlusconiana.

L'intenzione dei democratici, viene ancora spiegato, di considerare tutto il pacchetto economico come un'unica partita - Iva, Imu e Legge di stabilita' - cosi' da legare le mani al Pdl e impedirgli di alzare il tiro e le richieste sui singoli provvedimenti, pena la non approvazione della ex Finanziaria, e' stata poi l'altra goccia che ha fatto traboccare il vaso. Vogliono metterci in un angolo, renderci inoffensivi - e' lo sfogo dei pidiellini e del leader - impedirci persino di portare avanti le nostre battaglie. Insomma, ripetono in coro diversi maggiorenti del Pdl, la misura e' colma. E di fatti, a sera, quando Berlusconi arriva ai gruppi, il canovaccio e' gia' scritto: lo acclamano, si dicono prontissimi a dimettersi il 4 ottobre e l'ex premier si lascia andare al tradizionale attacco alla magistratura: E' in atto, afferma, una operazione eversiva che stravolge lo Stato di diritto e la democrazia non c'e' piu'. Poi confessa che sono ben 55 giorni che non dorme, a causa di accuse infamanti non vere. Vogliono, ribadisce, eliminarmi dalla storia facendomi passare per uno che ruba agli italiani, ma io - e' la difesa - non ho mai rubato. Poi un lungo sfogo sulla vicenda Ruby, altro processo che preoccupa molto il Cavaliere, compreso il Ruby bis. Insomma, la sensazione di accerchiamento e' grande, viene spiegato, e il leader reagisce come un leone in gabbia, sferrando zampate - spiega un maggiorente pidiellino - a destra e a manca.

 

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