Non ci sara' alcun referendum sulla nuova geografia giudiziaria. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato inammissibile la richiesta di referendum abrogativo, avanzata da nove Consigli regionali, inerente la riforma, entrata in vigore il 13 settembre scorso, che ha portato alla soppressione di circa mille uffici giudiziari minori. Le motivazioni della Corte saranno depositate entro i termini di legge.
A presentare richiesta di referendum abrogativo, che in novembre aveva avuto il via libera della Cassazione, erano stati i Consigli regionali di Abruzzo, Marche, Liguria, Campania, Calabria, Puglia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Basilicata. La decisione della Consulta e' arrivata dopo una breve camera di consiglio. Nell'udienza a porte chiuse svoltasi stamattina, le Regioni erano tornate a ribadire che, a loro parere, con la chiusura dei 'tribunalini', si va incontro a pesanti ricadute sia sull'accesso dei cittadini alla giustizia, sia sul lavoro degli uffici giudiziari 'accorpanti' quelli soppressi. L'Avvocatura dello Stato, in rappresentanza del Governo, aveva invece sostenuto l'inammissibilita' del quesito referendario, ritenendolo collegato al bilancio dello Stato e quindi non compreso tra le materie che, in base al dettato dell'articolo 75 della Costituzione, possono essere sottoposte alla consultazione popolare.
"Non ci fermeremo, andremo anche davanti alla Corte di giustizia europea, questa e' una delle strade, noi cercheremo tutte quelle percorribili per contrastare questa riforma". A dichiararlo e' l'avvocato Fabiana Contestabile, che guida il Coordinamento nazionale che riunisce i Consigli regionali promotori del referendum sulla geografia giudiziaria e i vari comitati territoriali nati a sostegno del referendum. "Siamo molto delusi e offesi - dichiara Contestabile - e' stato cancellato di fatto l'articolo 75 della Costituzione, perche' non si e' tenuto conto del fatto che il quesito era perfettamente ammissibile, e che era stato proposto da 9 Consigli regionali, quindi da 23 milioni di cittadini".
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Scontro tra il governo e le regioni sulla proposta di referendum abrogativo della nuova geografia giudiziaria, presentata da nove Consigli regionali. Durante l'udienza a porte chiusa, svoltasi stamane alla Corte Costituzionale, durata poco piu' di un'ora, le posizioni tra le due parti sono rimaste inconciliabili. Da un lato, i nove Consigli regionali (Puglia, Calabria, Basilicata, Friuli, Piemonte , Abruzzo, Liguria, Campania e Marche) che ritengono necessaria la consultazione popolare per l'abrogazione della riforma che, entrata in vigore il 13 settembre scorso, ha portato alla chiusura di circa mille uffici giudiziari minori, dall'altro, l'Avvocatura dello Stato che, in rappresentanza del governo, ha sostenuto l'inammissibilita' del quesito referendario e il rischio che con un'abrogazione della riforma si vada incontro ad un vuoto normativo. La Consulta decidera' nelle prossime ore
Il referendum ha gia' avuto il via libera della Cassazione, mentre ai giudici delle leggi spetta il vaglio costituzionale. "Questa legge non e' collegata al bilancio - ha spiegato al termine dell'udienza a porte chiuse Mario Petrella, in rappresentanza dei Consigli regionali di Abruzzo, Basilicata e Liguria - dunque non rientra tra le eccezioni previste dall'articolo della Costituzione che regola i referendum, come invece sostiene l'Avvocatura dello Stato". "Bisogna tenere conto dei disservizi che questa riforma ha provocato per i cittadini - ha aggiunto Angelo Marzochella, che ha rappresentato la Campania - dai luoghi piu' lontani come ad esempio Ischia o Capri, in molti non riescono ad accedere alla giustizia". Se la Consulta non ammettera' il referendum, le regioni si dicono pronte a ricorrere alla Corte di giustizia europea. "Abbiamo gia' deciso di proseguire unitariamente nell'avversare la riforma sulla geografia giudiziaria - spiega Fabiana Contestabile, coordinatore nazionale del comitato che si e' costituito nello scorso dicembre e che riunisce i nove Consigli regionali promotori del referendum e altri rappresentanti territoriali che dicono no ai tagli dei tribunali - siamo pronti a ricorrere alla Corte di giustizia europea perche' questa riforma mette in discussione il diritto del cittadino all'accesso alla giustizia".
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