"In passato i partiti sono stati padroni delle istituzioni. Ora le devono servire. È un passaggio non solo giuridico ma culturale". Il ministro per gli Affari costituzionali Gaetano Quagliariello parla a Nove in punto su Radio 24 del finanziamento pubblico ai partiti.
La nuova normativa deve partire dalla convinzione, per Quagliariello, che i partiti funzionino bene come "cinghie di trasmissione tra istituzioni e cittadini". E dunque: "Dobbiamo abolire il finanziamento pubblico ma riconoscere che la democrazia ha un costo e quindi creare regole per cui il costo sia sostenibile".
Parlando delle modifiche concrete, Quagliariello anticipa: "Ci deve essere un risparmio sostanziale. E poi tutto ciò che riguarda le detrazioni deve essere ben articolato. Se ci saranno rimborsi devono avere dei tetti, certificati, e bisogna prevedere cos'è rimborsabile e cosa no. L'idea è che resti una sorta di rimborso per spese definite e certificate".
Le detrazioni, spiega ancora il ministro per gli Affari costituzionali, dovranno essere eque: non ci deve essere una forma di convenienza per chi finanzia un partito".
E poi: "Invece di erogare denaro, lo Stato eroghi servizi, come spazi autogestiti dai partiti per l'informazione, sedi per congressi, esenzione sulle spese postali. È evidente che se metto a disposizione di un partito uno spazio su radio e televisioni, faccio veramente par condicio, e consento di risparmiare molti soldi".
L'uno per mille è allo studio, dice Quagliariello, "ma non faremo entrare dalla finestra ciò che cacciamo dalla porta.
Ci dev'essere una volontà esplicita del cittadino, non possiamo stabilire un monte a priori che poi viene diviso".
L'obiettivo, spiega poi il ministro per le riforme, "è fare in modo di avere una normativa rigorosa, che preveda un dimagrimento dei partiti e una loro sobrietà ma che gli consenta di confermarsi come strutture portanti della nostra democrazia".
La legge elettorale, dice il ministro per gli Affari costituzionali Gaetano Quagliariello a Nove in punto su Radio 24, "non è legata solo al numero dei parlamentari, ma anche al sistema bicamerale, e alla forma di governo". L'errore nel passato, dice Quagliariello, "è stato pensare che la riforma delle istituzioni si potesse fare cambiando la legge elettorale, ma sappiamo che questa è connessa all'equilibrio complessivo del sistema politico. Abbiamo stabilito che la si faccia in funzione della riforma delle istituzioni".
Sull'ipotesi di 'ritoccare il Porcellum' avanzata dal Governo, nei giorni scorsi, il ministro spiega: "Ci siamo accordati su una cosa: poiché un Paese a democrazia avanzata deve avere sempre la possibilità di poter tornare alle urne in qualsiasi momento, e poiché sulla legge attuale c'è la mannaia di un giudizio di incostituzionalità, e ragioni di consenso che militano verso la sua modifica, per queste ragioni abbiamo deciso di creare una norma di salvaguardia, in modo da avere una legge che ci permetta di andare a votare. Poi ci sono opinioni distinte su come debba essere questa clausola di salvaguardia"
"In altre epoche fare o non fare le riforme poteva servire a questa o a quella forza politica. Oggi se le riforme non si fanno ad essere sconfitta è la politica tout court". Lo dice a Nove in punto su Radio 24, il ministro per gli Affari costituzionali Gaetano Quagliarello. "Stiamo entrando in una fase per la quale il fatto che il Paese sia dotato di buone o cattive istituzioni fa la differenza, anche dal punto di vista economico. Spero che questa consapevolezza possa diffondersi e questa volta ce la si possa fare".
"La dimostrazione di mettercela tutta la stiamo dando", dichiara Quagliariello, ricordando che questa settimana si chiude il percorso della legge "per la modifica del finanziamento pubblico ai partiti"
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