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Pubblicato il 03/12/2012 12:12

Fabio Orlando è Orlando Ef

giulia grilli, fabio orlando

di Giulia Grilli

Non si tratta di una doppia personalità, né di scambi di ruoli. Fabio Orlando Ciarcelluti in arte è Orlando Ef. Cantautore e produttore, vive la musica lontano dai meccanismi commerciali e dalle etichette discografiche. Dopo le avventure londinesi con la Sony, è tornato a Pescara e ha deciso di intraprendere un cammino artistico indipendente.

Fabio inizia a suonare all’età di 14 anni, prendendo lezioni di chitarra. Ben presto comincia a scrivere i suoi primi brani in lingua inglese “i miei deliri incompiuti” li definisce. “All’inizio cerchi di costruire sempre qualcosa che abbia una struttura complessa, ma poi ti rendi conto che è solo confusione”. La sua attrazione per l’Inghilterra lo porta a trasferirsi a Londra, dove forma un gruppo, i Lorien . La loro registrazione di quattro brani fa presto il giro della città, fino ad arrivare nelle mani di Stevo Pearce “colui che ha scoperto i Depeche Mode”.

Per Fabio e i Lorien inizia la scalata verso il successo. Il sogno si avvera perché, in seguito a diversi colloqui con la BMG, la Warner e la Virgin, il gruppo firma un contratto per la produzione di un album. La Sony Music inglese decide di investire sul progetto. Dopo un tour di 50 date in giro per l’Europa e la crisi delle etichette discografiche i Lorien si sciolgono. Fabio torna a Pescara e intraprende la sua carriera solista. Tre album all’attivo e un’idea totalmente innovativa dietro l’ultimo lavoro, coinvolgere i contatti di Facebook per scrivere brani musicali.

Come bisogna chiamarti, Fabio o Orlando?

Artisticamente parlando sono Orlando Ef, ovvero il mio secondo nome, Orlando, ed Ef che è semplicemente la pronuncia inglese della lettera f che sta per Fabio. Chiamatemi come volete. Orlando mi identifica da un punto di vista lavorativo, Fabio invece è più amichevole.

Perché sei tornato a Pescara?

A Londra ho vissuto un sogno grazie ai Lorien, a Stevo che ha creduto in noi, e alla Sony che ha investito per la produzione di un album. Dal 2002 in poi ho visto le case discografiche diminuire sempre più personale e investimenti. La crisi le aveva colpite. Stevo aveva concordato per l’uscita di un secondo album, ma noi avevamo scritto del materiale meno commerciale. Stavamo andando controcorrente in tutto. Alla fine le cose sono andate male e i Lorien si sono sciolti. Agli inizi 2000 avevo un tenore di vita abbastanza alto perché i soldi che giravano erano tanti. Una volta sfasciato il gruppo non potevo tornare a lavorare nei pub, così ho deciso di rientrare a Pescara. Ripartire da zero a Londra necessitava di uno spirito forte che in quel momento non avevo. Non è stato facile nemmeno riprendere le mie abitudini qui, perché ero una persona diversa dopo otto anni e per rimettermi in riga c’è voluto un po’ di tempo. Ho deciso di autoprodurmi, mi sono dovuto arrangiare e ho imparato cose che prima non sapevo fare. Non ho abbandonato la musica. Qui in Italia non ho trovato nessuno che volesse produrre il mio materiale. Quando lo spedisco non ottengo nemmeno una risposta.

Qual è il tuo genere musicale?

Lo hanno definito pop-folk-alternative,  chamber-pop, indie-pop, ma io non lo so, non mi faccio queste domande. La gente dice che la musica va catalogata, ma non mi interessano certe cose. L’altro giorno stavo seminando il giardino e allora ho pensato che la mia musica potrebbe chiamarsi anche rural-pop o natural-pop. Mi piace accostare alla musica la natura delle cose e la fisicità. Principalmente io cerco di invogliare l’ascoltatore ad arrivare alla fine del brano, perché io sono uno che si stufa subito quando ascolta un pezzo. Cerco di scrivere musica semplice ma interessante, che poi è la cosa più difficile da fare perché rischi di cadere nel banale con estrema facilità. Essenzialmente faccio pop.

Com’è nata l’idea del tuo ultimo album, Yor 11?

È nato tutto per caso, in una domenica in cui ho pubblicato su Facebook un post in cui dicevo “batti un colpo, il primo colpo…e scriverò una canzone per te”. Dietro alla casualità ho capito che mi piace rendere partecipe persone comuni nel processo di scrittura di un brano. È un po’ come farle diventare dei musicisti. Mi sono messo nei panni di chi mi ha risposto, ed è stato un privilegio. È come se avessi creato brani su commissione seguendo le richieste e le emozioni altrui. Le canzoni, sono quasi tutte in inglese, eccetto due in italiano. Ho l’anima britannica. Quando ho pubblicato il primo post non pensavo ad un album, ma le cose si sono evolute. Le idee dalle quali partire per scrivere una canzone sono state le più disparate, compresa quella di costruire un ritmo con i rutti per Burpuppet.

Qual’ è la canzone in cui ti sei ritrovato di più?

Non me l’ero mai chiesto prima. L’idea alla base che sento più vicina a me è quella di Carmen in Beautiful Dives. È il brano con l’arrangiamento più semplice, voce e chitarra, e io aspiro alla semplicità nella vita. La canzone alla quale sono più legato, invece, è You Are Close Now. Nasce dalla volontà di Laura di avere un inno all’amore che coronasse l’unione tra lei e Steven. Si erano sposati a New York, a Central Park. Dopo la pubblicazione prova su Facebook del brano scritto per lei, Steven ha un grave incidente e ci lascia. La canzone a quel punto ha assunto un valore completamente diverso. Ho chiamato Laura e le ho detto che il pezzo era suo e che doveva dirmi lei cosa dovevo farne. Alla fine ha voluto che fosse pubblicato. Per la copertina dell’album ho contattato un illustratore, un mio amico di Barcellona, Cesc Grané. Per coinvolgere tutti i partecipanti ho spedito a Cesc le loro fototessere e lui li ha ritratti secondo il suo stile. L’immagine di Laura è affiancata da quella di Steven.

Il fatto di non essere legato a nessuna etichetta discografica fa si che la tua musica diventi un pop di nicchia?

Direi di si. La mia è musica pop ma non è “popolare”. Sicuramente perché non sono legato a nessuna etichetta discografica, io sono totalmente indipendente. Dal punto di vista del mercato è sicuramente penalizzante, perché le strade da percorrere sono molto più tortuose.  Io non ho nessuno che mi possa veicolare. Dal punto di vista artistico, però, l’autoproduzione è un fattore molto positivo. Io faccio quello che voglio e in piena libertà. Un disco come Yor 11 non sarebbe mai uscito con un’etichetta perché è disomogeneo.

Dopo un album partorito da Facebook quali sono i tuoi prossimi progetti?

La sperimentazione tramite Facebook in realtà sta continuando. Parallelamente ho intenzione di sviluppare altri progetti che non ho delineato perfettamente  o di cui preferisco ancora non parlare. Posso dire che ho diverse strade da percorrere, anche con altri musicisti, non solo progetti individuali.

 

 

(foto di Sabrina Giordano)

 

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