L’uomo e la terra nel linguaggio universale di Van Gogh
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Pubblicato il 31/10/2014 10:10

L’uomo e la terra nel linguaggio universale di Van Gogh

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di Giulia Grilli

Il rapporto ancestrale che lega l'uomo alla terra è magnetico, inequivocabile, metafisico. Le radici della vita si impiantano con naturalezza e si adattano al suolo donando all'essere un'influenza inaspettata. Ogni luogo è diverso ed è in grado di plasmare i suoi abitanti che con esso coesistono e da esso si alimentano.

 

Ad anticipare l'attesissimo Expo 2015, il cui tema principale sarà "Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita", Milano ospita al Palazzo Reale, dal 18 ottobre all'8 marzo, 47 opere di uno degli artisti che meglio ha saputo raccontare il legame tra il paesaggio rurale e il mondo contadino: Vincent Van Gogh in "L'uomo e la Terra".

 

La maggior parte dei capolavori esposti arriva dal Kröller-Müller Museum di Otterlo. Da lavori noti al grande pubblico a quelli meno conosciuti, l'esposizione si rivolge all'intero decennio di attività di Van Gogh, fino alle soglie del luglio 1890, prima della sua scomparsa.

 

Partendo dalle nature morte in cui i colori scuri e oscuri padroneggiano, si arriva alla luce gialla dei campi di grano, mentre i punti di vista dell'artista descrivono una vita scandita dalle stagioni, dal duro lavoro umano. Il rapporto quasi sentimentale con la Madre Terra si traduce nel rispetto, nel trascorrere del tempo, e termina nella descrizione di volti a tratti alienati da una quotidianità ripetitiva che resta distante dal frenetico sviluppo industriale delle grandi città.

 

 

 

Temi estremamente attuali e probabilmente indissolubili quelli affrontati dalla mostra e ritratti dalla sensibilità di Van Gogh, che in una delle sue lettere al fratello Theo racconta la magia dell'esistenza, e della fine di essa, dopo aver osservato nell'intera stagione estiva i campi di grano dalla finestra della casa di cura di Saint-Paule-de-Mausole: "Poi ci ho visto l'immagine della morte, nel senso che l'umanità sarebbe il grano che viene falciato; sicché, se vuoi, è l'opposto di quel Seminatore che avevo tentato di ritrarre tempo fa. Ma in questa morte non c'è nulla di triste. Ha luogo in pieno giorno con un sole che inonda tutto di una luce di oro fino".

 

La relazione che lega l'uomo alla natura è sincera quando si fonda sulla dignità di coloro che si prendono cura della terra. Scrive ancora Van Gogh in una delle sue lettere, riferendosi al quadro I mangiatori di patate: "Ho proprio voluto fare in modo che la gente pensi che queste persone, che stanno mangiando le loro patate alla luce di una piccola lampada, abbiano vangato la terra con le stesse mani che allungano nel piatto, perciò il dipinto trasmette l'idea del lavoro manuale e che questi contadini abbiano guadagnato onestamente il loro cibo [...] Non voglio assolutamente che tutti lo ammirino o lo approvino senza sapere perché".

 

 

Percorrendo le sei sezioni della mostra (L'uomo e la terra; Vita nei campi; Il ritratto moderno; Nature morte; Le lettere; Colore e vita) è possibile osservare uno studio sociale dell'epoca. La fatica contadina è rappresentata in modo ineguagliabile in tutti i bozzetti e schizzi su carta in cui matite, carboncino, gessetti, inchiostro e acquerelli si animano dando vita a movimenti continui, ai silenzi e alla desolazione. Gli occhi dei personaggi sono spenti, persi nell'infinito di un orizzonte che si mescola ai tormenti dell'artista. La rassegnazione si contrappone poi agli incisivi ritratti di Joseph-Michel Ginoux e Joseph Roulin, sottolineando le mille sfumature dell'animo umano, perché come scrive l'artista nel 1890: "ci sono facce moderne che verranno guardate ancora a lungo, che forse verranno rimpiante cent'anni dopo".

 

 

 

Giardini e uliveti sembrano muoversi al vento ed emanare profumi. E ancora cipolle, patate, mele e zucche che, nella loro perfetta rotondità, inducono l'osservatore a tendere la mano per tastare la consistenza polposa di quei raccolti. Ricorrente il colore della terra, quella arata e zappata, quella che spesso oggi dimentichiamo di osservare facendo scivolare nell'oblio l'atavico legame con essa.

 

Van Gogh parla una lingua universale, nota storicamente all'uomo che vive dell'ambiente che lo circonda. Le sue tele sembrano voler risvegliare i silenzi più bui di coloro che hanno smesso di salvaguardare il proprio habitat, dimenticando il rapporto spirituale con la terra e l'eternità della vita. Si legge ancora nelle lettere dell'artista: "Nell'amore così come in tutta la natura c'è un appassire e un rifiorire, ma non una morte definitiva".

 

 

 

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