L’arte a volte può rapirci inaspettatamente e diventare una ragione di vita. Così è stato per Sofia, giovane pescarese non ancora trentenne, che nel 2009 ha iniziato il suo percorso artistico “senza poterne più fare a meno”. Ha studiato al liceo linguistico e si è laureata in Filosofia a Roma, ma colori, tele e pennelli sono diventati la sua unica ragione di vita. Guardando le sue opere si entra in un mondo femminile complesso, ma estremamente colorato. È arrivata al nostro appuntamento con la borsa colma di materiale: album pieni di immagini dei suoi quadri, un libro di Georges Didi-Huberman intitolato “Aprire Venere” che rappresenta la filosofia e il suo studio sulla figura della donna. E ancora i fumetti di Vanna Vinci, un libro su Basquiat e uno su Frida Kahlo. “Faccio sempre riferimento a questi due artisti, sperando che mi portino fortuna. E poi amo Frida Kahlo. È stata una donna che ho sofferto troppo nella vita, e non lo meritava. Certi dolori non andrebbero vissuti. Se guardo le sue opere è come se la conoscessi. Spero di andare a Città del Messico per visitare la sua cosa un giorno.”
Perché hai iniziato a dipingere?
Quando ero piccola disegnavo molto, ma solo nel 2009 ho sentito l’istinto di acquistare una tela e provare a vedere cosa ne uscisse fuori. Mi sono innamorata del pennello e del colore, e la pittura è diventata una valvola di sfogo. Nel frattempo mi sono resa conto che la filosofia non era il mio interesse principale e che, malgrado mi piacesse, era servita solo a far uscire fuori me stessa. Oggi spero vivamente che l’arte diventi il mio lavoro, e per questo mi sono iscritta all’Accademia delle Belle Arti a Roma. I corsi inizieranno il 2 novembre e non so in che modo cambierà la mia vita. Spero di andare tutti i giorni in accademia e fare più laboratori possibili, ho solo voglia di sporcarmi le mani. Sicuramente ci sarà un’evoluzione in me, ma desidererei non stravolgere troppo quello che faccio oggi. Voglio solo perfezionare e scoprire cose nuove.
Cosa ti aspetti da Roma?
Mi aspetto di conoscere meglio la gente dell’ambiente artistico, avere più agganci possibili con le gallerie e con le persone del settore. Ho già vissuto a Roma e so quanto possa offrire. Ci sono sempre mostre da andare a vedere, quindi, anche se la protagonista di un’esposizione non fossi io, avrei comunque la possibilità di aprire gli occhi davanti ad altre opere e questo serve a crescere. Per perseguire il mio obiettivo potrei andare anche via dall’Italia. Pescara mi manca ogni volta che parto, ce l’ho nel cuore. Non riesco a staccarmi dal cordone ombelicale che mi tiene legata alle mie origini. Se dovessi immaginare di partire, probabilmente me ne andrei a New York, ma tornerei sempre alla base di tanto in tanto, o mi farei raggiungere dalle persone che amo. Per fortuna l’aereo annulla le distanze e i limiti.
Perché i tuoi quadri raffigurano sempre le donne?
È una bella domanda, e me lo chiedono tutti, ma io non ho una risposta vera. Mi viene naturale e spontaneo disegnare le donne in ogni loro sfaccettatura ed espressione. C’è un mondo dietro alla figura femminile fatto di sensualità, ma anche di inquietudine e di angoscia. Questa complessità mi rappresenta totalmente. Essere donna è uno stile di vita, ma è complicato. Disegno sempre una bocca visibile e carnosa e gli occhi grandi ed espressivi. Non è una scelta consapevole, mi viene tutto molto naturale, sempre nell’intento di raffigurare la sensualità della donna. Inserisco anche altre immagini come i palazzi, o i teschi. Una volta un ex professore del liceo artistico, vedendo alcuni miei quadri, mi disse che i simboli che utilizzo celano la vita e la morte, la paura e la perdita. C’è sempre un contrasto, ma i colori sono vivaci.
A cosa è collegata la scelta dei colori?
In realtà non li scelgo anticipatamente. Guardo il quadro e uso le tinte che mi sento in quel preciso momento senza pensarci prima. Credo dipenda dal mio umore. Molte volte penso che a livello estetico ci stia bene un colore piuttosto che un altro, e così vado avanti. Poi non ho una tecnica specifica. Dipingo ad olio, acrilico, pastelli a olio e vernice. Come base utilizzo le tele, che spesso costruisco io, ma anche pagine di giornali. So di non essere brava a livello tecnico, e se qualcuno mi chiedesse di dipingere un paesaggio non mi sentirei in grado di farlo.
Che esposizioni hai fatto fino ad oggi?
Ho esposto alla Microgalleria di Pescara. Sono presente a Stereotipop fino al 10 novembre al BR1 Cultural Space di Montesilvano Colle. Ho partecipato a Zooart e Studiaperto a Ortona con Lacchè e Ciampoli. Ho esposto al Groove a Pescara nelle serate di giovedì e a Roma, in una piccola galleria che si chiama Raval Gallery. Adesso sto collaborando con Alessio Sarra e Pep Marchegiani per la produzione di pashmine e magliette a manica corta e lunga, tutte raffiguranti le mie opere. Saranno vendute in Abruzzo, Umbria, Marche e Molise. Quest’estate ho aiutato Cesare Manzo e Daniela Pietranico nell’organizzazione di Fuoriuso 2012, ed è stata un’esperienza bellissima perché ho avuto modo di conoscere molte persone che lavorano nel campo dell’arte.
Come vedi Pescara da un punto di vista artistico?
Secondo me questa città potrebbe andare avanti e dovrebbe puntare sull’arte contemporanea. Purtroppo non si organizzano eventi importanti, non ci sono finanziamenti, malgrado di materiale ce ne sia tanto. Quando vado via sento sempre il bisogno di tornare a Pescara. Ti dà quel poco per vivere in pace, ma non ha stimoli. Pochissime mostre e nessun spettacolo. È come se fossimo nel limbo. Per questo scappo e poi torno. Questa è una città che paragono allo stare sull’amaca a guardare il mare: nel mentre tutto scorre, e tu sei in pace. Va presa a piccole dosi.
Qual è il tuo sogno più grande?
Quello di diventare una pittrice vera. Iniziare ad essere affermata nell’ambiente, fare mostre importanti, viaggiare ed esporre all’estero.
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