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Pubblicato il 22/01/2016 18:06

Vivian Maier, storia di una bambinaia fotografa

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di Giulia Grilli

Solitaria, poco socievole, enigmatica. Vivian Maier è diventata negli ultimi anni un vero e proprio personaggio da scoprire e amare. Pioniera di quella che oggi viene chiamata street photography, nacque a New York nel 1926 e svolse l'attività di bambinaia. Ma molti, oggi, la ricordano come la donna con la Rolleiflex al collo per le strade delle città americane.

 

La sua vita e le sue opere hanno suscitato un interesse senza precedenti, sia tra il pubblico che sui media, in seguito al ritrovamento del copioso corpus fotografico della Maier da parte di John Maloof. I suoi scatti sono ormai celebri e, alcuni di essi, visibili fino al 31 gennaio a Milano presso la galleria Forma Meravigli.

 

Una mostra, quella milanese, che permette ai visitatori di ammirare 120 immagini in bianco e nero risalenti agli anni ‘50 e ‘60, e una selezione a colori del decennio successivo. Immancabili, ovviamente, gli autoritratti. Il materiale è inoltre accompagnato dai filmini in super 8, anch'essi originari della bambinaia.

 

 

 

Ma chi ha portato alla luce l'identità di questa donna misteriosa?
Era il 2007, quando l'allora agente immobiliare John Maloof, acquistò all'asta il contenuto di un box pieno di oggetti più disparati, al fine di effettuare una ricerca sulla città di Chicago, disponendo di poco materiale iconografico. Erano due anni che la Maier, ormai vecchia e ospite in una casa di cura, non pagava l'affitto di quel box il cui contenuto fu quindi confiscato. Ma tra cappelli, vestiti e scontrini, Maloof scoprì centinaia di rullini ancora da sviluppare. Dopo aver stampato alcune foto e averle pubblicate su Flickr, la comunità social lo spinse a continuare le sue ricerche. Fu così che l'agente immobiliare ricostruì la vita di Vivian Maier, che intanto morì nel 2009, senza che il giovane potesse mai incontrarla.

 

Dal momento della scoperta del talento della donna, Maloof ha divulgato l'opera della babysitter americana, organizzando mostre itineranti in giro per il mondo. Testimone di una società, quella statunitense, la fotografa non ha mai conosciuto la sua fama da artista, avendo vissuto la sua passione con grande riservatezza e intimità.

 

 

 

Sguardi, smorfie, forme e geometrie. Vivian Maier è riuscita a testimoniare l'esistenza umana rendendola universale e privandola di un contesto storico e geografico, riconoscibile seppur dai dettagli architettonici e dall'abbigliamento dei soggetti protagonisti. Una società in continuo mutamento, quella di allora e quella di oggi, in cui chiunque può immedesimarsi. Perché è la vita nella sua quotidianità a trapelare, in attimi rubati da un occhio indiscreto ma attento, e immortalati da una tecnica in cui il gioco di luci, ombre e riflessi sembra diventare il segno distintivo della fotografia della bambinaia.

 

La moltitudine e l'unicità, il vizio e la povertà, i ricchi e gli emarginati, gli adulti e le nuove generazioni. I contrasti affascinano la Maier che documenta con enorme sensibilità le differenze, entrando essa stessa nelle sue immagini in una serie di autoscatti in cui specchi, vetrine e controluce sono l'unica via di accesso per rivelare la sua presenza.

 

 

L'elemento umano è forte, insistente, in tutte le sue sfaccettature, assieme alle curiosità di ciò che si nasconde, al dettaglio percepito ma mai completamente svelato. Sono le piccole cose ad attrarre la donna, che sembra vagare nella giungla urbana, vero teatro di una ricerca psicologica personale.

 

Come Vivian Maier sia riuscita a creare armonie di forme, espressioni e stati di animo scattando istantanee di un passato in cui essere presente al momento giusto risulta l'elemento decisivo, non ci è dato saperlo. E nessuno saprà mai come la donna avrebbe reagito a una fama mai cercata, alla condivisione di un lavoro mai reso noto, bensì nascosto e rinchiuso nel silenzio e nel segreto della propria esistenza.

 

Nella registrazione su una cassetta audio la donna racconta "Ho scattato così tante foto per riuscire a trovare il mio posto nel mondo", senza poter mai immaginare che un giorno, quel mondo, l'avrebbe accolta ovunque per il suo talento, la sua arte e per il tesoro che ci ha lasciato.

 

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