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Pubblicato il 09/01/2015 10:10

Al Metrò, scoprire la cucina di Nicola Fossaceca

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di Giulia Grilli

Riuscire a stabilire un rapporto sincero con il mare non è da tutti, soprattutto in cucina. Inchinarsi davanti alle infinite sfumature di profumi e sapori dell’acqua salina e saperle rispettare necessita di maestria e umiltà, e forse di un pizzico di follia. Se a tutto questo si aggiunge il peso delle aspettative della tradizione gastronomica territoriale, il lavoro diventa ancora più arduo. E allora solo il coraggio e la creatività possono spingere verso un salto nel vuoto, che conduce, non a caso, al traguardo della Stella Michelin. Per vivere questa favola è necessario sedersi a uno dei tavoli del ristorante Al Metrò, a San Salvo, e attendere che il giovane chef trentenne, Nicola Fossaceca, racconti la sua anima salmastra.

 

Nella piccola sala bianca adiacente alla pasticceria di famiglia si è lontani dallo sfarzo a cui i ristoranti stellati hanno abituato i clienti. Nessuno studio maniacale nella progettazione della location, per intenderci, nessun interior design chic che abbia plasmato il luogo. Al Metrò sono i piatti a parlare, in un’atmosfera accogliente e onesta che non ti aspetti, mentre dalla mensola i grandi libri di Alain Ducasse e Michel Bras sembrano tenere tutto sotto controllo e giudicare ogni portata.

 

Per conoscere davvero lo chef è bene abbandonarsi al menù degustazione A Mano Libera anticipato dalle alici fritte con scorza di limone servite in mini cartocci a forma di cono. Croccanti fuori e perfettamente soffici all’interno, divertono e stuzzicano il gusto, preannunciando l’arrivo della prima portata: Zuppa di ricotta, ostriche e sedano. In questo piatto il sapore del mare entra romantico nelle radici della terra, creando un connubio perfetto tra due mondi in grado di vivere una breve storia d’amore. E anche se le papille gustative richiederebbero una maggiore sapidità, smorzata dall’eccessiva dolcezza della ricotta, l’effetto avvolgente e minerale è intramontabile.

 

Decisi e camaleontici gli Scampi all’olio con granita di ricci di mare e finta ostrica. Quest’ultima è assente nel piatto, ma l’inganno sensoriale è assicurato. Il sogno è quello estivo, a bordo di una barca che conduce verso il mare aperto, quello che prende forma nel sapore e resta in bocca persistente. La temperatura glaciale della granita di ricci addormenta il gusto esaltando poi lo scampo e accogliendo la profondità degli abissi adriatici.

 

 

Lo Sgombro arrosto con salsa all’aglio, emulsione di zenzero e erbe spontanee crea invece un gioco altalenante tra dolce e piccante, pur rispettando l’essenza del pesce azzurro per un finale intenso e deciso. Travolgente e indimenticabile la Triglia in skapece espressa. In questo piatto la tradizione che prevede la conservazione del pesce infarinato e fritto in un liquido a base di aceto e zafferano, viene rivisitata e resa attuale. Il risultato è unico e ad ogni boccone ci si sente pronti ad entrare di diritto nel girone dei golosi. La triglia è del tutto spinata, e le mille sfumature rosa della pelle risaltano dall’accostamento con l’oro croccante della pastella.

 

 

Si passa ad un altro capolavoro con i Ravioli di ricotta in brodetto di crostacei. Sottile e perfetta la sfoglia che racchiude la dolcezza del ripieno, mentre delicati sono i profumi dei carapaci del brodetto in cui con attenzione si possono accogliere le note malinconiche del peperone e una lieve frivolezza piccante.

 

Un crescendo di sapori con Aglio, olio e peperoncino con frutti di mare in cui la mascolinità sensuale dello chef rivisita con coraggio un classico della cucina povera, giocando con il peperone secco e il grasso dei frutti di mare. Il rosso rubino è travolgente e il gusto coinvolge il palato.

 

 

Si concludono le portate principali con il Black Code laccato mele e cipolle, con cicoria fritta. La consistenza del merluzzo carbonaro è centrata, importante, regale e ben accompagnata dalle note vegetali e fruttate. Lontano dalla tradizione territoriale con un risultato ottimo.

 

Inaspettati i macarons di caciocavallo podalico con la persistenza del formaggio smorzata dallo zucchero delle cialde esterne. Si ritorna al dolce classico con la creme brulée al caffè e si conclude in bellezza con il Cremoso di cioccolato bianco, salsa all’Aurum e caramello, parrozzo sbriciolato, fave di cacao, mandorle e vaniglia. Con quest’ultimo piatto lo chef ci ha riportato lentamente sulla terra ferma, risvegliandoci da un bellissimo sogno e ricordandoci con delicatezza che siamo ancora in Abruzzo.

 

 

 

 

foto di: Giulia Grilli

 

 

 

 

 

 

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