L'hanno uccisa!
Chi?
La libertà.
E chi è stato?
I terroristi. Anzi, è stato l'uomo.
L'uomo?
Si, proprio lui. E non l'ha fatto in un luogo a caso, ma ha scelto la nazione simbolo di ideali utopici ricamati nelle anime dei sognatori. Liberté. Egalité. Fraternité. Morte ancora una volta nel calore del sangue versato, in un cuore che cessa di battere.
La libertà, lo scorso 7 gennaio, si chiamava satira. E ancora espressione, informazione e anche arte. Se si ingrandisce tutto con il microscopio si chiamava Charb, Cabu, Gorge Wolinski, Tignous, Bernanrd Maris, Honoré, Michel Renaud, Elsa Cayat, Mustapha Ourrad, Federic Boisseau, Ahmed Merabet, Frank Brinsolaro. Otto giornalisti, un impiegato, un ospite e due poliziotti.
Sono le 11,30 del mattino a Parigi, al 10 di rue Nicolas Appert, nell'undicesimo arrondissement. Nella sede di Charlie Hebdo, noto settimanale satirico francese, ha luogo la riunione di redazione a cui sono presenti tutti i principali giornalisti e disegnatori. Due uomini entrano nell'edificio armati di kalashnikov e in un attimo la strage è compiuta. L'ultima vittima in boulevard Richard Lenoir è un poliziotto freddato senza pietà. Il video apparso in rete mostra un unico colpo, secco, preciso, sparato senza esitazione. Pone fine ai lamenti dell'uomo. Il suono della sua voce non si ode più e il silenzio della morte grida la sua vittoria macabra riecheggiando lungo tutta la strada. "Allah Akbar", Dio è grande, urlano gli attentatori. Poi il vuoto, lo sgomento e ancora il freddo, il dolore.
Il mondo intero si indigna. La Francia è in ginocchio, Parigi si raduna in un corteo silenzioso. #JeSuisCharlie, io sono Charlie. L'hashtag è virale, si impossessa di tutti, così che tutti diventino un unico, un singolo. Ci sentiamo tutti francesi, tutti addolorati, tutti lottatori contro l'Islam radicale, tutti con le vittime, tutti uniti per un ideale. Perché quando viene attaccato e colpito, l'uomo si stringe ai suoi simili per sentirsi meno fragile. E allora l'Occidente abbraccia se stesso per non soffrire del suo individualismo, per avere la percezione rassicurante di una moltitudine, e la consolazione di chi, forse, non ti ucciderà in nome di Dio. Tutti insieme contro i cattivi, tutti contro i colpevoli. Ma davvero siamo tutti Charlie? O siamo solo impauriti? Intimoriti quando la violenza si fa più vicina, attoniti quando le fondamenta delle nostre case sicure iniziano a cedere. E se la prossima volta toccasse a me? O a te?
Intanto in Francia è caccia all'uomo, anzi agli uomini. Chérif e Said Kouachi, sono loro gli assassini (francesi, ovviamente), sono loro i musulmani. Eh no! I musulmani non sono tutti terroristi, non sono tutti pronti a difendere il profeta con la violenza. #NotInMyName è il rilancio sui social da parte dei giovani che, accomunati dal loro credo, si sentono accusati anche se innocenti. Condannano i crimini, e proteggono l'Islam moderato. Nel pomeriggio del 9 gennaio la svolta, la Francia mette in atto la sua vendetta: i fratelli Kouachi muoiono nella sparatoria a Dammartin- en-Göele, mentre Amedy Coulibaly, terza pedina degli attacchi terroristici, è vittima della polizia parigina nel supermarket kosher in cui si era rinchiuso con 12 ostaggi. Quattro hanno perso la vita per mano dell'affiliato dell'Isis: Philippe Braham, Yohan Cohen, Yoav Hattab, François-Michel Saada.
Domenica 11 gennaio Parigi è la capitale del mondo con una manifestazione a cui prendono parte 2 milioni di persone e 50 capi di Stato. L'animo patriottico dei francesi si risveglia, li unisce, uno accanto all'altro, senza distinzioni di credo o di razza. Partecipare diventa quasi un dovere, perché l'Occidente ferito deve rialzarsi. Per le 2000 vittime nigeriane di Boko Haram, però, nessuno ha la stessa reazione. In Africa, d'altronde, la guerra è all'ordine del giorno, mentre in Europa no. Il vecchio continente non può essere una vittima, quest'ipotesi non è contemplata. L'orrore a cui uomini, donne e bambini sono sottoposti quotidianamente non ha lo stesso impatto mediatico quando quell'orrore rimane ai margini della civiltà che impone le regole.
E la libertà? Ah si, la nostra amata libertà. Lei muore ogni giorno, da sempre. E' morta in ogni violenza dettata dalla distinzione delle classi sociali, per l'egemonia di chi ha voluto affermare il predominio economico, culturale ed etnico sulle minoranze. E' morta cercando di difendere le diversità, e continua ad essere assassinata da un unico carnefice che, pur mantenendo la stessa natura, assume sembianze diverse. E allora chi ha ucciso la libertà? Chi continua a farlo?
L'uomo.
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