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Pubblicato il 13/03/2015 11:11

Merce e follia, il primo romanzo di Dario Piccirilli

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di Giulia Grilli

L'Aquila, 2008. Dario Piccirilli è uno studente dell'Accademia delle Belle Arti, e spinto dall'insaziabile necessità di dare forma a idee e creatività inizia a scrivere un capitolo di una storia dai contorni offuscati. Quel file resta nella memoria del computer, ibernato per riprendere vita solo qualche anno più avanti. Nel frattempo l'esistenza di Dario viene scossa da un incubo che solo la natura nella sua violenza è in grado di materializzare: il terremoto del 6 aprile 2009.

 

Nel dicembre 2014 il ventottenne pescarese pubblica il suo primo romanzo, Merce e Follia, dopo aver rimescolato le carte e aver fatto i conti con se stesso, ripartendo da quel vecchio documento word nascosto nel pc, e proponendo un libro in cui vicende personali e fantascienza si mescolano incalzate dal tremore della terra del capoluogo abruzzese.

 

Merce e Follia racchiude tutte le timidezze del giovane autore, che nell'utilizzo di una scrittura semplice e sincera, articola una narrazione piena di flashback e flashforward, in cui ogni elemento non è mai lasciato al caso.

 

 

"Il romanzo si sviluppa su diversi piani temporali. Inizia un milione e mezzo di anni fa con l'Homo Erectus, e scorre dopo un capitolo al Medioevo, nel 1349 anno in cui, oltre all'incombere della peste nera, l'Aquila fu rasa al suolo da un terremoto. In questa fascia temporale il personaggio principale è Evan, un giovane taglialegna" sintetizza Dario. "In ultimo si arriva i giorni nostri, dove Dante, studente dell'Accademia delle Belle arti, vive i suo traumi e le sue angosce nel capoluogo abruzzese. Le storie si accavallano, si alternano e si incastrano fino al termine del racconto in cui tutto risulta essere più chiaro e connesso".

 

Appassionato di autori quali Jostein Gaarder, Philp K. Dick, Isac Asimov e Richard Matheson, Dario ammette di aver preso spunto dallo stile narrativo dei grandi per delineare una storia che non parla del terremoto de L'Aquila, ma che dalla tragedia prende spunto. I monologhi rendono il libro introspettivo, al limite dell'autobiografico e dello psicologico, mentre esorcizzano il lato introverso dello scrittore.

 

Tra la polvere delle macerie che appesantisce l'aria appena dopo la scossa tremenda che mise in ginocchio L'Aquila, il protagonista del romanzo, Dante, ammette: Si pensa sempre che certe cose non ti succedano mai in prima persona, che capitino solo ad altri, lontano da te e dal tuo paese del primo mondo, come se anche la terra ci risparmiasse di tremare perché noi siamo l'Occidente.

 

 

"Essendo un amante delle filosofie orientali, nel libro metto in discussione alcune caratteristiche tipiche del nostro mondo e la nostra continua attitudine di vivere in una campana di vetro pensando che nulla ci possa travolgere" afferma Dario. "Con questo non voglio criticare la mia cultura, ma cerco di porre alcunii quesiti e indurre alla riflessione. Questo è un libro che si rivolge a me quanto al lettore, perché mi sono reso conto che la scrittura ha un risvolto terapeutico. Cerco sempre un messaggio positivo, malgrado io sia un ragazzo pessimista".

 

Dario riflette così sulla necessità di comprendere le conseguenze delle nostre azioni, sull'importanza della prevenzione e dell'avere una visione lungimirante dedicata alle prossime generazioni. La necessità di credere in se stessi e la negazione dell'oggettività sono ulteriori elementi chiave che contornano le vicissitudini dei protagonisti.

 

 

Prima di buttarsi a capofitto su un prossimo libro, il giovane scrittore attende un riscontro dalla sua prima esperienza, ma non nega di avere la testa proiettata su una nuova storia ambientata a Londra. Tolti i risvolti autobiografici e i salti temporali, il prossimo romanzo potrebbe essere incentrato sul concetto di reincarnazione e sulla consapevolezza di aver vissuto vite precedenti. "Se in passato fossi stato un killer e ne fossi a conoscenza, come reagirei? E cosa penserebbero gli altri di me? Le persone, però, cambiano nel tempo. Da queste riflessioni è nato lo schema di un racconto futuristico a cui vorrei dedicarmi" ammette Dario.

 

Ma almeno per ora rimaniamo ancorati ad un unico concetto: siamo tutti Merce e Follia. "Con questa frase e con il titolo del romanzo mi riferisco all'umanità, al concetto di mercificazione delle persone" conclude Dario, "Siamo interconnessi l'uno all'altro, collegati dall'utilizzo reciproco che ognuno ha del suo simile. Prede e vittime accomunate da un continuo dare e avere. Il lato positivo, invece, risiede nella follia, in cui lo spirito d'iniziativa e di azione dell'essere umano dà vita alla creatività e al progresso".

 

 

 

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